di:
Valentina Dell'Aprovitola
? – 1345
1322-1326/ 1328-1329/ 1333-1335
Parma nucleo centrale. Per alcuni anni anche Reggio Emilia, Lucca, Berceto, Pontremoli, Fidenza, Brescello e Felino.
vd. famiglia Rossi.
dominus generalis di Parma; dominus di Lucca, Berceto, Pontremoli, Fidenza, Brescello, Felino. Vicario imperiale di Parma e Lucca. Capitano generale della lega antiscaligera. Capitano del Popolo a Reggio Emilia.
subito dopo la congiura ordita in complicità tra Sanvitale e Rossi per cacciare Giberto da Correggio e l’affievolirsi del potere di Roberto d’Angiò sulle terre parmensi, le inimicizie tra Sanvitale e Rossi si fecero sempre più evidenti e, nel 1322, dopo diversi scontri, i Rossi riuscirono a cacciare Gianquirico Sanvitale dalla città e a impadronirsi del potere comunale. Dopo un breve ritorno della città alla Chiesa (tra il 1326-1328) i Rossi, che potevano sfruttare un progressivo indebolimento dell’influenza del legato pontificio Bertrando del Poggetto, riuscirono a recuperare il potere in città, sostenendolo anche grazie alla funzione vicariale – sia imperiale che regia – ottenuta da R. e Marsilio.
1328: gli abitanti di Pontremoli consegnarono la città a R., che nominò suo luogotenente e governatore il fratello Galvano. 1333: vicariato imperiale su Parma. 1335: vicariato imperiale su Lucca. Investitura imperiale di Fidenza, Pontremoli, Brescello e Berceto
durante il primo periodo di governo di R., peraltro molto breve e tenuto con il titolo di dominus generalis, il primo atto compiuto dal signore fu quello di riammettere in città i figli di Giberto da Correggio e di circondarsi di una guardia personale. Per quanto estremamente influente fin dagli anni 1322, la signoria di R. si sviluppa in maniera evidente solo a partire dal 1333, quando ottiene il vicariato imperiale da parte di Giovanni di Boemia. Nel tentativo di instaurare una politica di respiro sovracittadino, a R. si resero indispensabili ingenti somme di denaro. Si cercò di recuperarle attraverso pesanti tassazioni, che portarono la città a versare in gravi condizioni economiche. Già verso la fine del 1333 si appurò che i debiti che il comune aveva con privati – ai quali erano stati concessi in garanzia i proventi di diversi dazi – non erano sostenibili, e che il comune non era in grado neppure di pagare parte del capitale dovuto ai creditori. Per fare fronte a questa emergenza si vararono ulteriori tassazioni straordinarie, e aumentarono i dazi e le gabelle riscossi dal comune. Molto spesso questi dazi andavano ad incidere sui beni di prima necessità – si pensi al dazio sulla macina – o avrebbero in ogni caso fatto lievitare i prezzi dei beni necessari alla vita quotidiana, incrementando così il malcontento cittadino, spesso strumentalizzato dalle famiglie rivali dei Rossi.
L’unica soluzione individuata dal Rossi per fermare il dilagare dell’opposizione fu quello di sperimentare alcune novità istituzionali destinate a alterare gli equilibri di forza dei poteri locali (le grandi famiglie cittadine), fomentando la conflittualità interna.
Tutti gli affari del comune sarebbero stati gestiti da un consiglio di otto sapienti che, affiancando gli Anziani, avrebbero risposto solo alle precise direttive dei signori. Questi otto sapienti, il cui incarico durava un mese, erano scelti “de specialibus suis amicis” ed erano gli elettori del gruppo degli Anziani. Una manovra, quindi, interamente indirizzata a rafforzare il potere personale dei Rossi e ad eliminare qualsiasi possibilità di inserimento politico delle famiglie rivali.
schierato con la pars ecclesiae, nel 1325 accolse trionfalmente in città il legato papale Bertrando del Poggetto. Nell’anno successivo, dopo aver riunito, insieme con il fratello Marsilio, un Consiglio Generale al Palazzo Vecchio di Parma, ottenne che la città si desse in signoria alla Chiesa. L’accordo con la Chiesa non durò a lungo e, nell’estate del 1328, grazie all’appoggio dei Manfredi e dei Fogliano, R. si ribellò e si impadronì della città. Il passaggio allo schieramento ghibellino fu suggellato dal matrimonio tra la figlia di R. e un figlio naturale di Cangrande della Scala. Qualche anno dopo vi fu un ulteriore riavvicinamento al partito guelfo, con l’appoggio dato a Giovanni di Boemia, il quale fu accolto in città nel marzo del 1331 e al quale furono consegnate le chiavi di Parma. In quest’occasione R. fu investito di Fidenza, Pontremoli, Brescello e Berceto. Pur avendo dimostrato un’iniziale tolleranza nei confronti dei Correggio, quando questi si ribellarono a Giovanni di Boemia R. li cacciò dalla città, insieme con i Sanvitale.
1322: eletto capitano del Popolo a Reggio e Capitano di Guerra. Nel 1325 a Piacenza fu nominato da Bertrando del Poggetto Capitano Generale di Guerra e gli furono consegnate le insegne del comando. 1327: rettore di Bologna per due mesi.
R. fu artefice, insieme ad altri, della congiura del 1316 contro Giberto da Correggio, suo cognato. Nel 1329, dopo essersi recato a Bologna su invito del nunzio apostolico Amerigo di Novale per cercare un accordo con i pontifici, fu catturato a tradimento da Bertrando del Poggetto, insieme a Azzo Manfredi, poiché entrambi si erano rifiutati di cedere alla Chiesa rispettivamente le città di Parma e Reggio. Fu rilasciato solo nel 1331, grazie ad uno scambio di prigionieri e ad un ingente versamento di denaro da parte dei fratelli Marsilio e Pietro.
la stagnazione economica e il progressivo spopolamento della città, oltre alle mire espansionistiche degli Scaligeri che si stavano facendo ormai sempre più vicini a Parma, spinsero il Rossi a cercare la via degli accordi con Mastino della Scala, grazie anche all’intermediazione del cremonese Ponzone Ponzoni. Una volta in Verona, gli accordi raggiunti garantirono la città agli Scaligeri, ma furono previsti anche alcuni indennizzi per i Rossi, certamente più preoccupati di eventuali rappresaglie interne dei Correggesi piuttosto che di quelle degli Scaligeri. Il 21 giugno 1335 Alberto della Scala arrivò in città e ne prese il possesso per sé e per il fratello. Pur avendo ottenuto garanzie relative ai beni della famiglia, nel 1336 i Rossi furono banditi da Parma e i loro beni confiscati e messi all’incanto. I Rossi cercarono di tornare in città, scendendo apertamente in campo dalle loro basi extraurbane e ponendosi a capo degli eserciti veneziani e fiorentini della lega antiscaligera, riuscendovi solo nel 1341.
vd. Famiglia Rossi.
vd. Famiglia Rossi.