di:
Paolo Grillo
1311-1335
Como
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Secondo lo storico cinquecentesco Benedetto Giovio Franchino sin dal 1313 ebbe il titolo di “capitano e signore generale del comune”, ma il primo documento a testimoniarlo è del 1328. È possibile che fino a questo momento il dominio sia stato esercitato informalmente.
La famiglia Rusconi era fuoriuscita da Como in seguito all’avvento dei della Torre nel 1302. Nel 1310 fu riammessa in città ad opera dell’imperatore Enrico VII. Nel 1313, dopo alcuni tumulti che videro la cacciata degli oppositori, i Rusconi rientrarono e Franchino ottenne la leadership di fatto sulla città.
Nei primi anni il potere di Franchino pare essere stato esercitato informalmente, tramite il controllo che la sua famiglia aveva sugli uffici comunali. Nel 1327 Franchino giurò fedeltà al re dei romani Ludovico il Bavaro, senza però ottenerne conferme formali del suo ruolo. Dall’anno successivo compare comunque per la prima volta col titolo ufficiale di “capitaneus et dominus generalis comunis et populi Cumarum”. Fu invece nominato vicario regio nel febbraio del 1331, ad opera di Giovanni di Boemia.
La scarsità di documentazione superstite rende difficile studiare la signoria del Rusconi. Come principale esponente della famiglia Franchino controllava l’elezione del podestà, che doveva essere da lui approvato. Egli governò comunque in stretta correlazione con il consiglio del comune e gli abati del Popolo. Particolarmente significativa risulta la politica economica di Franchino, che sviluppò un’intensa attività diplomatica per favorire le esportazioni comasche. L’11 giugno 1328 concluse un importante trattato di commercio con Venezia nel 1328 e nel 1333 fece altrettanto con i comuni delle valli di Blenio e Leventina per favorire i traffici con la Germania e ancora nel 1335 esentò dal pedaggio gli abitanti dei cantoni svizzeri di Lucerna, Uri, Irsera, Untervaldo e Svitto. Nel 1333 gli oppositori interni in alleanza con i signori di Cantù tentarono un colpo di mano contro il Rusconi. L’impresa fallì, ma nei combattimenti rimase ucciso il fratello di Franchino, Ravizza. Da questo momento il governo del Rusconi si fece più dispotico e repressivo.
Franchino fu stretto alleato della Milano viscontea, della quale nel 1322-23 fu podestà Ravizza Rusconi, suo fratello. Nel 1330-31 si schierò con Giovanni di Boemia, ma rifiutò di permettere l’ingresso in città all’aspirante sovrano. Negli ultimi anni del suo dominio Franchino cercò l’appoggio dei della Scala, sposando la figlia di Bailardino Nogarola, uno dei principali collaboratori della dinastia veronese.
Franchino tentò di acquisire il controllo dell’episcopato comasco, facendo eleggere vescovo suo fratello Valeriano dal capitolo della cattedrale nel 1325, ma il papa non convalidò la scelta e nominò invece il domenicano Benedetto de Asinago. Franchino impedì a Benedetto di entrare in città e impose in cattedra Valeriano, facendolo confermare da Ludovico il Bavaro nel 1327. La città incorse nell’interdetto e Franchino nella scomunica. Benedetto si rifugiò in Valtellina e radunò attorno a sé i fuoriusciti comaschi, alla testa dei quali marciò sulla città nel 1335.
Sebbene inizialmente si fosse proposto come signore pacificatore, Franchino dovette affrontare l’opposizione delle famiglie guelfe, in particolare Avvocati e Lambertenghi, che congiurarono contro di lui nel 1333. Ebbe poi da affrontare l’ostilità del vescovo di nomina papale, Benedetto de Asinago, che riuscì a far schierare con sé la Valtellina e altre parti del contado.
Il cronista monzese Bonincontro Moriggia denomina Franchino quale “tiranno”, ma probabilmente il giudizio è volto a giustificare la sua successiva sostituzione da parte di Azzone Visconti, dato che solo nella repressione delle congiure del 1333 il Rusconi agì in maniera arbitraria e violenta.
Nella primavera del 1335 il vescovo Benedetto de Asinago alla testa dei fuoriusciti comaschi marciò sulla città, col tacito appoggio di Azzone Visconti, che non solo non aiutò militarmente il Rusconi, ma impedì ai della Scala di intervenire. Il 1° agosto1335, trovandosi incapace di resistere alla pressione militare, Franchino cedette ad Azzone il dominio sulla città, ottenendo in cambio il possesso di Bellinzona e dei territori circostanti.
Rovelli, Storia di Como, II, docc. 34-35; A. Rusconi, Un trattato di commercio fra Como e Venezia nel secolo XIV, in “Periodico della società storica comense”, II (1880), pp. 53-75;T. Von Liebenau, Le ordinazioni daziarie di Como nel XIV secolo, in “Periodico della società storica comense”, V (1885), pp. 205- 294.
Rovelli, Storia di Como, II, pp. 350-355; Campiche, Die comunalverfassug, pp. 275-278; Bonincontri Morigiae Chronicon Modoetiense, in RIS, XII, col. 1166.