Sforza, Francesco


di:
Estremi anagrafici:

1401-1466.



Durata cronologica della dominazione:

1433-1447 (per la Marca d'Ancona).



Espansione territoriale della dominazione:

Investì gran parte delle città della Marca centro-meriodionale, nell’area compresa fra l’Esino e il Tronto, ad esclusione della città di Ancona. Diversamente da molti altri stati regionali e sub-regionali che muovevano dall’espansione territoriale di una città egemone, la compagine territoriale sforzesca sulla Marca non faceva perno su una singola città e Francesco non elesse una città a vera ‘capitale’ dello Stato; i centri nevralgici, luoghi di residenza più continuativa da parte dello S. e del fratello Alessandro, nonché sede degli ufficiali e delle milizie sforzesche, furono Fermo e Jesi.

[Questa scheda si limita alla signoria di Francesco e del fratello Alessandro sulla Marca, mentre il periodo in cui lo S. divenne duca di Milano (1450-1466) esula dagli spazi cronologici e dalle finalità del Repertorio, come pure la signoria di Alessandro su Pesaro (1445-1473), pur in evidente continuità cronologica con la signoria di Francesco sulla Marca].

Origine e profilo della famiglia:

Francesco era figlio del condottiero Muzio Attendolo Sforza e discendeva da una famiglia dedita al mestiere delle armi. Il profilo militare degli Sforza appare particolarmente marcato fino alla metà del secolo XV.


Titoli formali:

(Per la Marca) Conte di Cotignola e Ariano (Irpino); marchese della Marca; vicario in temporalibus per la Chiesa delle terre conquistate (dal marzo 1434); rettore della Marca per la Chiesa (dal marzo 1434) .


Modalità di accesso al potere:

Le cause di accesso al potere dello S. sono del tutto esterne alle dinamiche interne alle città su cui egli avrebbe instaurato la signoria e si ricollegano invece alle lotte fra gli stati regionali dell’Italia centro-settentrionale. La condizione di debolezza politica di Eugenio IV durante il Concilio di Basilea indusse Filippo Maria Visconti ad inviare Francesco nelle Marche per inseguire i progetti viscontei di espansione lungo l’Adriatico. La conquista militare dello S. fu rapidissima: nell’arco di un mese, dal dicembre 1433 al gennaio 1434 gran parte della Marca (ad esclusione delle importanti città di Camerino, Fabriano e Tolentino, sottomesse nel 1435) fu sottoposta all’autorità del condottiero. Eugenio IV cercò allora di far passare Francesco dalla sua parte nel marzo 1434, nominandolo vicario in temporalibus per le terre già conquistate e rettore della Marca, legittimando di fatto la sua occupazione militare.


Legittimazioni:

Nel marzo 1434 Eugenio IV nominò lo S. vicario in temporalibus per le città e le terre marchigiane conquistate e rettore della Marca: tale concessione denota l’impotenza del papa di fronte all’occupazione di Francesco e il tentativo di assicurarsene l’appoggio anziché subirne l’ostilità. Dieci anni più tardi, nell’ottobre 1444, dopo anni di accese ostilità belliche, constatato il fallimento di poter contrastare la potenza dello S. nelle Marche, il papa rinnovò l’investitura, chiedendo a questi il rispetto di una tregua.


Caratteristiche del sistema di governo:

All’indomani della rapidissima occupazione militare di Francesco., dal dicembre 1433 al gennaio 1434, tutte le città e le terre conquistate inviarono ambasciatori al condottiero per trattare i capitoli delle sottomissioni. Tali capitoli sono pervenuti per molte città e rappresentano la base giuridica su cui si instaurò l’autorità dello Sforza. I testi si presentano sotto la forma di rescritti, nei quali ogni punto è sottoposto all’approvazione, al diniego o alle eccezioni da parte del signore. Una collazione sistematica di tutti i capitoli pervenuti permetterebbe di confrontare il diverso e peculiare grado di autonomia amministrativa di ogni singola città. Nella prassi di governo, i patti stipulati nei capitoli venivano però spesso elusi dallo S., che volle avocare a sé la nomina dei podestà. Si conservano numerose lettere di raccomandazione inviate da Francesco e/o di Alessandro Sforza alle comunità per imporre un proprio candidato alla carica di podestà; non di rado tali lettere prevedevano esplicite minacce nel caso che la comunità si fosse rifiutata di accettare la proposta. Singolare il caso della duplice raccomandazione ricevuta dal consiglio della terra di  Montecchio (Treia), nell’aprile 1437, da parte di Alessandro e Francesco, che in due distinte lettere raccomandavano persone diverse (nella lettera di Alessandro si afferma espressamente che se i cittadini avessero rifiutato il candidato, si sarebbero posti automaticamente “fora della sua gratia”): gli uomini di Treia, colti in imbarazzo, decisero di nominare sei mesi l’uno e per sei mesi l’altro. Nel caso di Tolentino, nel marzo 1439 i Priori proposero tre nomi allo S., che poteva sentirsi libero di sceglierne uno o di rifiutarli proponendo un altro podestà motu proprio, come fece in quell’occasione. Le commendatizie sui podestà abbondano nel caso di San Severino, che accettò sempre i designati da Francesco o Alessandro Sforza. Una volta giunti nelle città, i podestà designati aggiungevano al tradizionale giuramento quello di operare “ad onore trionfo ed esaltazione di Francesco”.

Il governo della Marca fu gestito dallo S. unitamente ai suoi fratelli, Alessandro soprattutto, ma anche Giovanni, Leone e Foschino Attendolo. Il continuo stato di endemica guerra costrinse molto spesso Francesco fuori dai confini della Marca, pertanto la solidarietà familiare e la nomina di fidati luogotenenti (spesso anch’essi legati da vincoli di sangue agli Sforza) furono le basi su cui si resse il governo sforzesco. Particolarmente attivo sul piano amministrativo fu Alessandro, che risiedette per lunghi periodi a Fermo, mentre agli altri fratelli erano destinati per lo più incarichi di tipo militare. Tuttavia, non mancano attestazioni dell’impegno amministrativo anche da parte di Attendolo, che nel 1434, ad esempio, indisse un parlamento generale a Macerata.

Durante la dominazione sforzesca si moltiplicarono le ambascerie delle città a Francesco o ad Alessandro, deputate a discutere con il signore ogni questione, anche le più minute, riguardante il governo delle città, prime fra cui quelle fiscali. Il controllo sforzesco sulla politica delle città fu capillare e la soggezione di queste più cogente rispetto a quella sperimentata negli anni del pontificato di Martino V. I superstiti registri delle riformanze di varie città testimoniano l’invio continuo di ambasciatori agli Sforza, insieme a donativi di vario genere (ad esempio, nel dicembre 1438 gli ambasciatori di Tolentino si recarono a Jesi dallo S. portando in dono orzo, pollame, candele, ceri, due vitelle, cacciagione). Lo stato di soggezione delle città traspare anche attraverso elementi simbolici: ad ogni ingresso nella città di Alessandro e Francesco Sforza venivano organizzati banchetti e garantita una sfarzosa ospitalità. I documenti comunali, inoltre, accordano molto spesso a Francesco o ad Alessandro il titolo di “signore” della città.

Il governo sforzesco si fondò su un costante e gravoso prelievo fiscale per finanziare le ingenti spese militari e su una continua richiesta di contingenti armati alle città della Marca. In questi anni, i registri di entrata e uscita di molti centri attestano una continua crescita delle spese militari: queste prevedevano il mantenimento di contingenti armati (per lo più balestrieri) richiesti dallo S., un aumentato numero delle guardie nelle rocche e fortificazioni poste a controllo dei punti strategici, le contribuzioni in denaro per armare l’esercito del condottiero, da evadere in tempi rapidi, l’invio di viveri e vettovaglie. A questi gravami si aggiungevano le perdite derivanti dalla stagnazione dei commerci e i danni inflitti nei territori di combattimento. Inoltre, Francesco impose il monopolio sul sale. Dunque, furono frequenti le richieste delle città allo S. di mitigare le tasse e le contribuzioni di vario tipo, ma quasi sempre seguite da diniego ed anche da minacce di guasti e distruzioni. Non mancano neppure, nella documentazione comunale, richieste da parte di singoli cittadini indigenti di poter godere dell’esenzione dalle tasse in quanto ridotti in assoluta povertà.


Sistemi di alleanza:

Negli anni del pontificato di Eugenio IV e della signoria dello S., la   Marca  assunse il ruolo di una pedina nello scacchiere geopolitico italiano, mosso da endemiche guerre e da repentini passaggi fra gli schieramenti. Dopo la rapida occupazione militare della Marca, alla fine del 1433, il papa conferì a Francesco, nel marzo 1434, il titolo di vicario in temporalibus per le città e le terre marchigiane conquistate e di rettore della Marca. Ben presto Filippo Maria Visconti inviò il Piccinino, a sostegno di Nicolò Fortebracci, contro il papa: tale offensiva provocò nell’immediato la fuga di Eugenio IV da Roma a Firenze, nel giugno 1434, e un’alleanza fra lo S., che riuscì a mantenere salda la propria autorità sulla Marca, ela Repubblica di Firenze. Nel 1442 l’accordo raggiunto fra il papa e Alfonso, re di Napoli, prevedeva l’impegno di attaccare Francesco nei suoi possessi marchigiani: pertanto Eugenio IV scomunicò lo S. e inviò contro di lui un esercito guidato dal card. Scarampi. Intanto anche Filippo Maria Visconti inviava un esercito, guidato dal Piccinino, per contrastare Francesco e colpire dunque l’alleato di Firenze. Così lo S. perse momentaneamente il possesso di molte città della Marca. Ma dopo il ritorno del papa a Roma, nel marzo 1443 e la rottura dell’alleanza fra questi ela Repubblica di Firenze la situazione di capovolse rapidamente nella Marca: Francesco riportò due schiaccianti vittorie militari (a Montelauro, nel Pesarese, nel novembre 1443 e a Montolmo, presso Macerata, nell’agosto 1444) e riuscì quindi a ristabilire l’autorità sulla regione. Nell’ottobre 1444, constatato il fallimento di poter contrastare la potenza militare dello S. nelle Marche, il papa rinnovò l’investitura, chiedendo a questi il rispetto di una tregua.


Cariche politiche ricoperte in altre citt?:

Legami e controllo degli enti ecclesiastici, devozioni, culti religiosi:

L’ingerenza deelo S. nelle nomine si estese anche al campo ecclesiastico. Un solo esempio: nel dicembre 1444 ordinò che fosse nominato abate dell’abbazia di S. Maria delle Macchie presso San Ginesio una persona di sua fiducia, che nella lettera di raccomandazione definisce come una “persona intendente et è nostro partisano quanto dire se potesse”. Molti altri esempi di questo tipo potrebbero facilmente essere addotti.


Politica urbanistica e monumentale:

A Fermo, il fratello Alessandro Sforza realizzò, tra il 1438 e il 1442, un progetto di risistemazione della centrale Piazza di San Martino, in modo da conferirle decoro e coesione architettonica: vennero infatti demolite le botteghe costruite in legno che si addensavano al centro e nella zona nord dell’area pubblica, fu abbattuta la chiesetta di Santa Maria della Misericordia, si provvide quindi al livellamento della piazza e alla pavimentazione; la piazza acquisì pertanto un contorno regolare e divenne uno spazio elegante, destinato a funzioni di rappresentanza. A Jesi venne innalzata una rocca a protezione della città. A Tolentino, Francesco volle che fosse eretta una nuova fortezza per poter meglio difendere la città sia da attacchi esterni che da possibili rivolte interne: per questo incaricò nel 1438 l’architetto militare Giovanni Sodo di Ancona, di dirigere i lavori di costruzione, che vennero realizzati in tempi rapidi e con il concorso di maestranze da tuttala Marca.


Politica culturale:

Consenso e dissensi:

A Fermo, una rivolta urbana, nel 1446, cacciò Alessandro Sforza e le sue milizie, che si erano asserragliate nella cittadella del Girfalco, che dominava dall’alto l’abitato: i Fermani abbatterono tutte le fortificazioni del Girfalco e rasero al suolo tutti gli edifici dell’area, ad eccezione della chiesa cattedrale, che restò isolata ad erigersi sul colle.


Giudizi dei contemporanei:

I numerosi giudizi dei contemporanei e degli storici delle generazioni successive, fino a Machiavelli, si esprimono sullo S. nel contesto degli equilibri politici e militari degli stati italiani, ma non lo considerano nella veste di signore delle città della Marca. Il notaio-cronista fermano Antonio di Nicolò, nella sua cronaca, che termina proprio con la fine della signoria degli Sforza, non nega una certa ammirazione per Francesco, soprattutto per l’abilità diplomatica dispiegata dal condottiero; né tralascia di descrivere puntualmente le cerimonie solenni organizzate dagli Sforza a Fermo (la venuta di Bianca Visconti, accolta sotto un baldacchino di seta celeste fatto allestire appositamente dal comune; la giostra organizzata nel 1444 sul Girfalco, cui presero parte molti armigeri in occasione del battesimo del figlio Galeazzo Maria, nato da quel matrimonio). La sorprendete accondiscendenza verso il regime sforzesco da parte del cronista notaio, che in altre parti dell’opera fa professione di fede repubblicana, può essere spiegata in parte con l’orgoglio municipale, per cui Fermo sarebbe stata eletta in qualche modo a “capitale” dello Stato marchigiano, dall’altro si spiega con il fatto che proprio il regime sforzesco gli conferì importanti incarichi (redasse l’atto nuziale fra Alessandro Sforza e Costanza da Varano di Camerino e i capitoli di pace fra Alessandro Sforza e il vescovo Domenico Capranica nel 1446) e proprio in quegli anni il notaio cronista seppe assicurarsi la propria ascesa sociale in seno all’oligarchia cittadina. Del resto, all’indomani della fine del regime sforzesco, Antonio di Nicolò lo scrittore riconosce un’ispirazione divina nella rivolta popolare che scacciò gli Sforza e celebra la concordia ritrovata fra i cittadini.


Fine della dominazione:

Il lungo conflitto con papa Eugenio IV, sospeso da una tregua nell’ottobre del 1444, aveva lasciato lo S. isolato da ogni alleanza: fu determinante la defezione di Sigismondo Malatesta, che fino ad allora lo aveva sostenuto, e il passaggio di questi dalla parte del papa. Fra 1446 e 1447 quasi tutte le Marche furono riconquistate dal papa, ad eccezione di Pesaro, concessa nel 1445 da Galeazzo Malatesta ad Alessandro Sforza; l’ultima città che si arrese al papa fu Jesi.


Principali risorse documentarie:

La documentazione conservata negli archivi delle città della Marca che si riferisce al periodo sforzesco è stata in gran parte edita o regestata alla fine dell’Ottocento da una agguerrita schiera di eruditi locali interessata a reperire ogni traccia archivistica della dominazione sforzesca: si tratta per lo più di passi tratti dai registri delle riformanze comunali superstiti e dai registri finanziari, oltre che dalla corrispondenza ufficiale.


Bibliografia delle edizioni di fonti e degli studi:

Studi: Gianandrea Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'Archivio jesino, Milano1881; Id., Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'Archivio settempedano, Milano 1885; Id., Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'archivio fabrianese, Firenze 1888; G. Valeri, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie e i documenti dell'Archivio di Serrasanquirico, Milano 1884; G. Benadduci, Della signoria di Francesco Sforza nella Marca e peculiarmente in Tolentino, dicembre 1433-agosto 1447: narrazione storica con 164 documenti inediti, Tolentino 1892; Id., Nuovi documenti sforzeschi secondo l'archivio Gonzaga di Mantova e quello di Tolentino, Tolentino 1899; M. Rosi Della signoria di Francesco Sforza nella Marca secondo le memorie dell'archivio recanatese, Recanati 1895; B. Feliciangeli, Delle relazioni di Francesco Sforza coi camerti e del suo governo nella Marca, in Atti e memorie della R. Deputazione di storia patria per le province delle Marche, 1 (1895), pp. 43-63; n.s. 5 (1908, ma 1909), fasc. 3-4, pp. 311-462; M. Fracassi, Ricordi storici sulla dominazione di Francesco Sforza nella Marca secondo i documenti inediti degli archivi di Treia e di Sanginesio: 1433-1447, Foggia 1900; M. Mariani, Francesco Sforza e la città di Fabriano: 1435-1443, Senigallia, 1908; T. Valenti, Francesco Sforza e il comune di Monte dell'Olmo, oggi Pausula Fabriano 1925.


Apporti nuovi di conoscenza:

Note eventuali: