di:
Maria Pia Contessa
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Vedi scheda famigliare.
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Capitano del Comune e del popolo.
Ottenne il capitanato nei primi mesi del 1335 assieme a Raffaele Doria, dopo che gli esuli ghibellini avevano posto fine alla signoria di Roberto d’Angiò ed avevano assunto nuovamente il controllo della città.
Lui e il collega Raffaele Doria furono proclamati Capitani dalla parte popolare, in assemblea pubblica. Furono nominati inizialmente per due anni, poi la carica fu prorogata fino al 28 ottobre 1337 (data simbolica, che ricordava il colpo di stato da cui era nata la prima diarchia nel 1270) e poi per altri tre anni, fino all’ottobre del 1340.
I Capitani erano affiancati dall’Abate del popolo, da un podestà forestiero, a cui erano demandate le cause civili e criminali, e da ventiquattro Anziani di appartenenza ghibellina, per metà nobili e per metà popolani. In un secondo tempo cercarono di rafforzare i loro poteri riservandosi la nomina dell’Abate del popolo e abolendo la carica di podestà.
La decisione dei Capitani di nominare personalmente l’Abate del popolo, unita ad episodi di malgoverno e a decisioni in materia di politica economica che colpivano soprattutto gli strati più deboli della popolazione (ad esempio l’adozione di nuove imposte), provocarono lo scontento degli stessi populares che li avevano insediati al governo della città. Per questo il D. e il collega furono allontanati dalla carica prima della scadenza del mandato.
Giovanni Villani giudicò in maniera critica l’allontanamento della signoria angioina, che a suo dire avrebbe determinato un calo della potenza economica genovese («Per questa mutazione molto si sconciò il buono istato di Genova e di mercatantia, e male vi si tenea ragione, onde molto abassò il podere de’ genovesi»). Al di là della mancanza di obiettività che si potrebbe contestare, in questo caso, a un cronista di fede guelfa - interessato tuttavia da vicino alle vicende genovesi anche per il fatto che, quando i ghibellini posero fine al dominio di Roberto d’Angiò, il podestà in carica per conto del re era un fiorentino - è vero che oramai la diarchia non rappresentava più la forma di governo più adatta a garantire una gestione politica equilibrata della Repubblica (cfr. Fine della dominazione).
Con il ripristino della diarchia, e con il conferimento del capitanato a un Doria e a uno Spinola dopo la parentesi della signoria angioina, si volevano risollevare le sorti della Repubblica riportando in auge l’alleanza fra le due famiglie che nel passato recente avevano dato lustro alla città e alla causa della parte imperiale. Oramai, però, l’indebolimento finanziario interno e la situazione politica internazionale non giocavano a favore della stabilità del governo dei due Capitani, la cui personalità non era peraltro all’altezza della caratura politica degli avi che li precedettero nella carica. Essi furono cacciati nel settembre del 1339 in seguito a una rivolta scatenata dagli stessi popolari che li avevano voluti quattro anni prima. Fu allora creato il dogato, conferito in perpetuo a Simone Boccanegra, mentre il D., che come il suo collega fu costretto a mettersi in salvo lontano da Genova, trovò rifugio a Loano.
Casalis, G., Dizionario geografico, storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il Re di Sardegna, Torino, Cassone e Marzorati, 1833-1841, 9 voll., VII, 1840, pp. 964-968; Georgii et Iohannis Stellae Annales genuenses, a cura di G. Petti Balbi, Bologna, Zanichelli, 1975, pp. 126 ss.; Nuti, G., Doria, Raffaele, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell’Enciclopedia italiana, 41, 1992, pp. 452-453; Villani, G., Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma, Guanda, 1991, 2 voll., II, pp. 542-543, III, p. 590.