di:
Maria Pia Contessa
Seconda metà del XIII sec. - m. 1346.
Vedi scheda famigliare.
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Pacificatore e signore di Lucca e del suo distretto. Dopo che ebbe ceduto la città a Giovanni di Boemia, assunse il titolo di Vicario imperiale ma per soli 10 giorni.
Acquistò Lucca, per 60.000 fiorini, dalle truppe di mercenari che tenevano la città da quando Ludovico il Bavaro l’aveva lasciata. Vi entrò il 2 settembre 1329.
Lo S. pagò personalmente solo 20.000 fiorini, mentre il resto fu sborsato da quattro mercanti genovesi che ottennero in pegno il controllo di alcune località del territorio lucchese. Poiché Castruccio, quando era ancora in vita, aveva stretto legami con i ghibellini genovesi (fra l’altro, fra i sei sindaci della parte imperiale che nell’agosto 1320 lo investirono Capitano generale della Riviera di Levante compaiono alcuni membri delle famiglie Spinola e De Mari) è possibile che lo S. sia stato spinto a rilevare Lucca dai sostenitori di Castruccio per evitare che la città cadesse sotto il controllo dei guelfi (in particolare dei Fiorentini, che durante le trattative si erano dimostrati interessati all’acquisto), e forse anche per farne una roccaforte ghibellina mentre nel territorio circostante si imponeva la parte avversa (Genova e la Liguria erano sotto il controllo di Roberto d’Angiò).
Durante le difficoltà militari che incontrò mentre era signore di Lucca poté contare sull’aiuto, probabilmente interessato, di Spinetta Malaspina, a lui vicino per legami familiari (lo S. era fratello del genero di Spinetta). Nella guerra per Montecatini ebbe aiuto anche dai Pisani.
L’arrivo dello S. e il governo che egli impose scontentarono un po’ tutti. I Fiorentini respinsero le richieste di pace che questi aveva avanzato inizialmente e provocarono la ribellione di Collodi. La guerra con Firenze, sospesa alla morte di Castruccio, riprese per il controllo di Montecatini e di alcuni centri della Val di Nievole. Pian piano Firenze riuscì a riaffermare la sua presenza nel territorio lucchese con il sostegno di Roberto d’Angiò, di Siena e di Perugia.
La pressione fiscale, che lo S. esercitò in maniera sempre più pesante per mantenere i soldati mercenari al suo servizio, suscitò il malcontento generale. Nell’estate del 1330 l’imposizione di tasse straordinarie provocò la ribellione della Garfagnana. In città furono soprattutto gli artigiani ad essere colpiti dalle imposte crescenti, il che provocò le loro proteste e la migrazione delle attività produttive.
Fra gli stessi esponenti della classe dirigente cittadina vi erano alcuni che non vedevano di buon occhio il governo dello S. e che cercarono di approfittare delle sue difficoltà. I figli di Castruccio fecero un tentativo di rovesciare il nuovo signore già nel dicembre del 1329, ma questi riuscì a cacciarli coi loro sostenitori costringendoli a riparare nei loro possessi nel contado. Giovanni Villani riporta che in seguito a questo tentativo di rovesciare il suo governo lo S. richiamò parenti e consorti da Savona per sentirsi più sicuro. L’anno successivo egli sventò il tradimento che i Quartigiani, esiliati dopo la cospirazione del 1327 e tornati a Lucca alla morte di Castruccio, stavano per compiere in favore dei Fiorentini.
Le ripercussioni della politica dello S. sull’economia locale, il risentimento per l’esazione forzosa delle imposte e per le confische di beni attuate per far fronte alle spese di una guerra che assumeva per i Lucchesi un andamento sempre più sfavorevole, spinsero i cittadini più in vista a cedere la città a Firenze, a condizione che i ghibellini vi potessero restare e in cambio di altri vantaggi per le famiglie eminenti. I Fiorentini non accettarono, forse perché lo S. appariva sempre più indebolito e in procinto di cadere. Per accelerare la sua disfatta gli rivelarono le trattative segretamente condotte dai suoi sudditi, alimentando così il clima generale di tensione ed accrescendo il suo isolamento. Infine, ad un certo punto anche i mercenari si ribellarono e crearono disordini.
Nel 1330 si accordò con Giovanni di Boemia per la cessione di Lucca a patto di mantenere la carica di vicario, ma Giovanni di Boemia non rispettò l’accordo e lo S. fu costretto ad abbandonare la città nella primavera del 1331.
Deza, M., Istoria della famiglia Spinola descritta dalla sua origine fino al secolo XVI, Piacenza, nella stampa ducale di Giovanni Bazachi, 1694; Dorini, U., Un grande feudatario del Trecento, Spinetta Malaspina, Firenze, Olschki, 1940, pp. 137-138; Green, L., Lucca under Many Masters. A Fourteenth-Century Italian Commune in Crisis (1328-1342), Firenze, Olschki, 1995, pp. 29-41; Villani, G., Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Parma, Guanda, 1991, 3 voll., II, pp. 485, 488, 490, 491-493, 495, 511-512.