di:
Piero Gualtieri
?- 21 settembre 1331
Vedi scheda famigliare.
Vedi scheda famigliare.
Capitano (1324; non disponiamo di ulteriori specificazioni).
Nipote del signore di Pistoia Ormanno Tedici, e da questi coinvolto in maniera informale nella gestione del potere, Filippo consolidò gradualmente la propria posizione agendo sugli equilibri interni alla classe dirigente cittadina. In particolare egli seppe proporsi alle grandi famiglie guelfe come il personaggio capace di ripristinare gli antichi equilibri di potere, a un tempo sul piano esterno (nei confronti di Lucca e del suo signore Castruccio Castracani, leader dello schieramento imperiale toscano, che negli anni precedenti era venuto acquisendo sempre maggiore influenza su Pistoia) ed interno (nei confronti del Popolo, che con la signoria di Ormanno aveva accresciuto il proprio ruolo politico).
Nel 1324 i Consigli cittadini, radunati per l’occasione dopo che Filippo e i suoi avevano sollevato la piazza, concessero al Tedici il titolo di Capitano (non conosciamo tuttavia la titolazione precisa), probabilmente per la durata di un anno.
Sulla scia di quanto posto in atto dallo zio Ormanno , Filippo mantenne sostanzialmente inalterata la struttura istituzionale del Comune. Al momento della propria nomina a Capitano si limitò a sostituire gli ufficiali in carica con altri da lui nominati, senza tuttavia modificare l’assetto generale del governo cittadino, né più in generale gli equilibri interni al sistema. Non possediamo il testo della delibera consiliare che gli conferì il titolo di Capitano, e non sappiamo dunque quali fossero nello specifico i poteri a lui concessi (specialmente in relazione all’organizzazione del Popolo pistoiese). Sembra in ogni caso che Filippo governasse con piglio deciso, probabilmente facendo pressione diretta sui vari ufficiali in carica.
Salito al potere con l’appoggio dello schieramento guelfo pistoiese (e dunque con la prospettiva di un deciso riavvicinamento a Firenze), Filippo mantenne in realtà un contegno ambiguo, cercando nei fatti di conservare la posizione di equidistanza fra Firenze e Castruccio che già aveva provato a mantenere lo zio Ormanno. Successivamente, visto anche l’attivo supporto fornito da Firenze al tentativo operato da Ormanno di riacquistare la signoria sulla città, Filippo accentuò il legame col signore di Lucca, fino ad appoggiarlo materialmente nella conquista di Pistoia. Pare che fino all’ultimo Filippo, resosi conto di non poter conservare autonomamente il potere, avesse mantenuta aperta la possibilità di un accordo con i fiorentini, che si sarebbero però dimostrati in questo senso meno attivi di Castruccio . Il matrimonio con la figlia del Castracani, Dialta, celebrato dopo la consegna della città, rappresentò il suggello definitivo all’alleanza con Lucca e con la parte imperiale.
Principali sostenitrici del colpo di mano orchestrato da Filippo furono le famiglie magnatizie guelfe che mal sopportavano il governo di Ormanno, ritenuto a un tempo troppo morbido (se non addirittura complice) nei confronti di Castruccio e del ghibellinismo e troppo legato al mondo degli artigiani medi e minuti della città. Una volta al potere Filippo dovette fronteggiare l’ostilità aperta della propria famiglia, che si schierò compatta a fianco del defenestrato Ormanno.
Il giudizio su Filippo è estremamente negativo. I cronisti del tempo (pistoiesi – l’anonimo autore delle Storie Pistoresi – e fiorentini – Giovanni Villani; comunque ostili a Castruccio e alla parte imperiale) gli rinfacciano in particolare il tradimento ed il cambio di schieramento, dipingendolo come un personaggio doppio, vile e avido di potere. In particolare il Villani, nel narrare del tentativo di conquista del castello appenninico di Popiglio in cui Filippo trovò la morte, ricorda come “fuvi morto da' villani, com'era degno, il detto messer Filippo traditore di Pistoia”, evidenziandone con tale epitaffio la bassezza morale. L’anonimo, che sottolinea come Filippo signoreggiasse “aspramente”, ne evidenzia invece l’assoluta mancanza di scrupoli raccontando come egli “volendo fare parentado con Castruccio, fece dare uno confetto alla moglie che teneva veleno, che come l’ebbe mangiato incontenente morìo, e di subito la fece sotterrare, acciocché nessuno s’accorgesse del veleno”
Costretto a far fronte al tentativo di Ormanno di recuperare il dominio su Pistoia, e incapace di mantenere la propria indipendenza di fronte alle crescenti pressioni fiorentine e lucchesi, Filippo scelse di cedere a queste ultime, consegnando la città a Castruccio che vi entrò in armi. In cambio venne da questi nominato capitano della città.
Le fonti principali sulla signoria di Filippo sono le narrazioni delle Storie Pistoresi e di Giovanni Villani.
Fonti: Storie Pistoresi. MCCC-MCCCXLVIII, a cura di S.A. Barbi, Lapi, Città di Castello, 1907-1927; G. Villani, Nuova Cronica, a cura di G. Porta, Guanda, Parma, 1990-1991.
Studi: L. Chiappelli, Un carteggio di parte nera negli anni 1320-1322, Tipografia del senato, Roma, 1925; Q. Santoli, Pistoia e Castruccio, Tipocalcografia classica, Firenze, 1934; L. Gai, Pistoia nella prima metà del ‘300, Società pistoiese di storia patria, Pistoia, 1981; L. Chiappelli, Intorno all’origine ed al probabile autore delle Storie Pistoiesi, Pistoia, Pacinotti, 1985; G. Cherubini, Apogeo e declino del Comune libero, in Storia di Pistoia, II, L’età del libero Comune, a cura di Id., Le Monnier, Firenze, 1998, pp. 41-87; pp. 68-70.