di:
Flavia Negro
1304-1357
Marchese di Saluzzo dal 1336 al 1357, signore di Alba nel 1342.
Marchesato. Data la grave crisi attraversata dal marchesato di Saluzzo negli anni di governo di T., quest'ultimo fu costantemente impegnato più che nella conquista di nuovi territori nel tentativo di arginare la perdita di quelli in suo possesso. Lo zio Manfredo, aiutato dai fratelli, occupò vari castelli del marchesato, e altri furono venduti dallo stesso T., che una volta sconfitto e imprigionato (1341) si trovò nella necessità di reperire l'enorme somma di 90.000 fiorini necessari per il suo riscatto. Al 1342 risale la concessione da parte del re angioino Roberto della città e contado di Alba. Il 31 ott. 1343 T. cede l'intero marchesato al cugino Umberto Delfino, e ne viene reinvestito in qualità di vassallo (l'atto elenca le località che almeno formalmente appartenevo al marchese, distinguendo quelle a dominio diretto, fra le quali Saluzzo, da quelle infeudate ai vassalli). In conseguenza degli patti stretti con Luchino Visconti, impegnato a sua volta con il marchese di Monferrato e Umberto Delfino nell'occupare le terre angioine di Piemonte in concorrenza con Savoia e Acaia, nel 1347 T. acquisisce alcune terre nel cuneese. Sulla base degli stessi patti nove anni dopo (feb.-mar. 1356) occupa Cuneo, che terrà per pochi mesi, con l'aiuto della fazione ghibellina della città e del marchese di Monferrato, mentre conquista altre terre sulla destra della Stura (diverse fra queste erano a tutti gli effetti parte del marchesato ma si trovavano in mano agli aderenti di Manfredo). La cessione del governo, in un momento di profonda instabilità politica, al figlio Federico (1357) dà occasione a Giacomo d'Acaia di privare il marchesato dei suoi più ricchi possedimenti nella pianura fra il Po e il Tanaro.
Alba. Nel 1340 Alba faceva parte dei domini angioini: con lettera del 9 dicembre Roberto I d'Angiò dà facoltà al siniscalco di Piemonte Beltrando del Balzo "ad dandum nomine nostro et consignandam civitatem nostram Albe […] magnifico ac illustri d. Thome marchioni Saluciarum tamquam nobis fide digno", dietro omaggio del marchese al re. Il rivolgimento di fronte del re angioino - che l'8 mar. 1341 firma un trattato con Manfredo (V) di Saluzzo, zio di T. e pretendente alla successione del marchesato - e il successivo imprigionamento di T. (1341) devono aver impedito ogni seguito all'iniziativa, che sarà ripresa dopo la liberazione del marchese nell'aprile 1342. Il 17 giu. 1342 Roberto d'Angiò emana un diploma con il quale la città di Alba e distretto passano a T., con obbligo da parte di quest'ultimo di prestare fedeltà e di mandare un contingente in Sicilia al seguito del re. Le tumultuose vicende degli anni successivi, con la crisi del potere angioino in Piemonte e l'assalto ai loro domini da parte di potenze - quali i Visconti e i marchesi di Monferrato - dotate di ben altri mezzi rispetto al marchesato di Saluzzo, devono aver messo presto fine all'esperienza signorile di T., peraltro non sappiamo se e quanto effettivamente concretizzata.
Vedi alla voce Saluzzo, famiglia.
"marchio Salutiarum" (lo stesso titolo, tuttavia, viene nello stesso periodo usato anche dallo zio Manfredo, protagonista di una lunga contesa per il diritto di successione al marchesato).
T. eredita il marchesato alla morte del padre, Federico di Saluzzo, nel 1336.
dall'alto:
1343, ott. 31: T. cede il marchesato di Saluzzo a Umberto Delfino per la somma di 16.000 fiorini, e ne viene reinvestito.
1346, dic. 17: T. rende omaggio a Giovanni I marchese di Monferrato per quanto tiene in feudo da lui.
1347, gen. 1: T. rende omaggio a Amedeo VI conte di Savoia per alcuni luoghi.
1348, mag. 13: T. rende omaggio a Giacomo principe d'Acaia per alcuni luoghi.
1348, mag. 29: T. rende omaggio a Amedeo VI conte di Savoia per alcuni luoghi.
1348, ott. 7: T. rende omaggio a Luchino Visconti per il marchesato di Saluzzo.
1348, dic. 6: T. rende omaggio a Giacomo principe d'Acaia per alcuni luoghi.
Continuamente impegnato nella difesa del marchesato insidiato da nemici interni - in particolare lo zio Manfredo - ed esterni - Roberto d'Angiò e i principi d'Acaia -, T. non ebbe modo di apportare grandi modifiche nel governo rispetto ai predecessori. Dopo l'arbitrato del 6 sett. 1346, con il quale torna formalmente in possesso del marchesato dopo anni di guerra, conferma le franchigie alla capitale Saluzzo (11 mag. 1347), e il 3 gen. 1352, nel pieno di una nuova serie di ribellioni manovrate dallo zio Manfredo, T. prende a prestito dalla comunità 300 fiorini, in cambio dei quali i saluzzesi ottengono la possibilità di proporre una terna di individui per l'incarico di podestà.
Ghibellino, T. ha come naturali alleati i Visconti (con cui era imparentato per via del matrimonio con Riccarda figlia di Galeazzo Visconti; a tre dei figli - Galeazzo, Azzo e Luchino - vengono dati significativamente nomi tipici della famiglia milanese), e soprattutto i marchesi di Monferrato, con cui tradizionalmente i Saluzzo intrattenevano legami molto stretti. Sintomatico a questo proposito il diffondersi nel 1339 di una notizia - rivelatasi del tutto infondata ma resa credibile dalle vicende successorie dei predecessori dei due marchesi, Manfredo IV e Giovanni I - secondo la quale Tommaso II di Saluzzo e Giovanni II di Monferrato avrebbero stabilito "alter alteri succedere deficientibus ex eis vel altero eorum descendentibus in eorum Terris et Marchionatibus", mentre in realtà si trattava di un alleanza per la conquista di Chieri ("confederacionem de terra Cherii posse et districtu": Tallone, doc. 1012). La profonda crisi attraversata dal marchesato di Saluzzo - straziato dalle lotte interne per la successione e dalle continue guerre che imperversano nella regione - obbliga poi T. a cercare, senza molto successo, la protezione dei potentati confinanti, primo fra tutti il Delfino e in seconda battuta i principi d'Acaia e i Savoia. Ottiene l'appoggio dei Visconti nella lotta contro lo zio Manfredo (V), che sostenuto dai fratelli, da Roberto I d'Angiò e da Giacomo principe d'Acaia rivendicava per sé la successione al marchesato e aveva occupato diverse terre, ma senza risultato: nell'aprile del 1341 Tommaso è sconfitto e rimane per un anno prigioniero in vari castelli dei suoi nemici. L'arbitrato concluso da Giovanni II marchese di Monferrato il 25 apr. 1343 porta ad una pace temporanea fra T. e lo zio Manfredo, ma lascia sostanzialmente irrisolti i motivi di contrasto fra i due. Il 6 sett. 1346 un secondo arbitrato, affidato a Giovanni e Luchino Visconti, riaffida il marchesato a T., riconsegnandogli Saluzzo e tutte le località occupate dagli zii. Nel tentativo di rafforzare il potere appena riconquistato T. aderisce alla lega in funzione antisabauda e antiangioina stretta da Luchino Visconti, dal marchese di Monferrato e dal Delfino Umberto (trattato del 16 ag. e 1 sett. 1347); un accordo a parte fra il marchese e il Visconti stabilisce che le terre di nuova conquista alla sinistra della Stura sarebbero spettate a T., mentre quelle a destra a Luchino Visconti.
Galeazzo e Bernabò, succeduti al governo visconteo dopo la morte di Luchino (1349) e di Giovanni Visconti (1354), si mostrano propensi ad appoggiare lo zio Manfredo, spingendo il marchese T. a rafforzare il proprio legame con il Delfino (alleanza perpetua dell'1 dic. 1354, con cui T. si riconosce vassallo per tutto il marchesato). Poco dopo ottiene dall'imperatore Carlo IV un diploma di conferma dei suoi diritti sul marchesato, mentre veniva annullato un analogo riconoscimento ottenuto dallo zio Manfredo (19 feb. 1355).
Matrimoni. Sposa nel 1329 Riccarda, figlia di Galeazzo Visconti e sorella di Azzone.
All'inizio del suo governo (doc. 14 lug. 1336) cede la terza parte del reddito delle gabelle alla comunità di Carmagnola perché sia convertito nella costruzione delle mura a protezione del luogo. Verso la metà degli anni '50 del XIV secolo fortifica il castello di Revello.
T., salito al potere nel 1336 alla morte del padre Federico I, deve per tutta la durata del suo governo affrontare l'opposizione dello zio Manfredo (V). Quest'ultimo, dopo essere stato designato dal padre Manfredo IV quale successore al posto del fratello maggiore Federico, aveva poi dovuto rinunciare al titolo in seguito all'arbitrato del conte di Savoia Amedeo VI del 1332.
Il chierico Giovanni Giacomo de Fia, contemporaneo di Tommaso II, è autore di un opuscolo in cui loda le imprese dell'infelice marchese e condanna come traditori gli zii e i loro aderenti.
Muore nel 1357. Il testamento del 15 ag. 1357 nomina erede universale suo figlio Federico (II), e governatrice del marchesato la moglie Riccarda per il tempo della sua vita.
I principali fondi per le vicende di T. sono conservati nella sezione antica dell'Archivio Storico del Comune di Saluzzo e nell'Archivio di Stato di Torino (in particolare le serie: Paesi, Città e Provincia di Saluzzo; Paesi, Marchesato di Saluzzo; Monferrato, Feudi per A e B, b. 61; Camera dei Conti Piemonte, art. 788 = Titoli e scritture intorno al Marchesato di Saluzzo).
D. Muletti, Storia di Saluzzo e de' suoi marchesi con documenti, 6 voll., Saluzzo, 1829-1833;
A. Tallone, Regesto dei Marchesi di Saluzzo: 1091-1340, Pinerolo, 1906 (BSSS 16).