di:
Gabriele Taddei
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In qualità di nunzio apostolico, la giurisdizione di O. si sarebbe dovuta estendere su tutta Ferrara ed il territorio soggetto. Nondimeno, al suo ingresso in città, egli non poté acquisire il diretto controllo di Castel Tedaldo, del Borgo Superiore e del Ponte sul Po, rimasti nelle mani dei Veneziani che avevano coadiuvato Fresco d’Este nella sua resistenza contro i pontifici [vedi infra Modalità di accesso al potere]. A seguito degli accordi di pace siglati con la Serenissima il 1 dicembre 1308, l’autorità di O. si ridusse ulteriormente avendo riconosciuto ai Veneziani ampi margini di giurisdizione. Solo la vittoriosa guerra promossa da Clemente V avrebbe finalmente restituito l’intera città di Ferrara al superiore dominio della Santa Sede [vedi infra Complotti ribellioni contestazioni].
Nunzio apostolico in Ferrara.
Col concorso di una nutrita alleanza antiestense [vedi infra Sistemi di alleanze] O. riuscì ad occupare militarmente Ferrara entrandovi la notte tra il 5 ed il 6 ottobre 1308 allorché la cittadinanza aprì le porte all’esercito assediante. Al momento della conquista, Fresco d’Este, signore di Ferrara, fu costretto a ritirarsi presso Castel Tedaldo conservando in città, col sostegno delle truppe veneziane, il solo controllo del Borgo Superiore e del Ponte sul Po.
Intenzionato a recuperare Ferrara alla diretta soggezione della Sede Apostolica, Clemente V, tramite la bolla Romana Ecclesia del 27 aprile 1308, aveva incaricato O. decano della chiesa di Meaux ed Arnaldo abate del monastero di Tulle di obbligare Fresco d’Este a rinunciare a tutti i suoi diritti sulla città. Con lo stesso breve il pontefice asseriva infatti che Ferrara era antichissimo dominio pontificio ed ingiungeva ai Ferraresi di cacciare quel tiramnus che li divorava sicut escam panis.
Nel medesimo giorno, l’ulteriore breve Cum nupter conferiva ai due nunzi l’autorità di cassare qualunque patto o convenzione che astringesse il popolo di Ferrara riconoscendo loro licenza d’usare censure ecclesiastiche, pene spirituali e temporali, ovvero di ricorrere al braccio secolare per ristabilire l’autorità della Sede Apostolica sulla città.
Tra i due nunzi pontifici incaricati di recuperare Ferrara alla Santa Sede, O. sembra aver presto assunto un netto primato su Arnaldo di Tulle che, lungamente assente per il disbrigo d’altri affari, venne spesso rappresentato dal collega. Fu del resto O., in prima persona, con l’approvazione di Arnaldo, a ristabilire ufficialmente il governo in nome della Santa Sede decretando banditi Fresco e tutti i suoi fautori. Lo stesso O. ottenne che Bernardino da Polenta, entrato per primo in città tra i comandanti dell’esercito alleato e fattosi proclamare rettore per i cinque anni successivi, recedesse da tale onore accontentandosi di rivestire, per i sei mesi a venire, l’incarico podestarile.
O. lasciò intatto l’ordinamento amministrativo ferrarese: pretese che il maggior Consiglio, a nome di tutti i cittadini, giurasse fedeltà al Papa e che altrettanto facessero tutti i pubblici ufficiali al momento della loro investitura; si conservò il diritto di intervenire personalmente nelle cause d’appello ed in tutte le adunanze dei Consigli Cittadini; si fece consegnare le chiavi della città; si assicurò il diretto presidio delle sue porte e di alcuni dei principali castelli comitatini.
L’alleanza che garantì ad O. di conquistare Ferrara ed abbattere la signoria di Fresco d’Este fu assai ampia e comprese di fatto tutti i tradizionali nemici della casata ferrarese. Concorsero all’impresa, con diseguale impegno, Mantova e i Buonaccolsi, Cremona e Cervia, Ravenna e i Da Polenta, Verona e gli Scaligeri. I pontifici furono coadiuvati anche dai Bolognesi, fino a pochi mesi prima alleati di Fresco ma disposti ora ad abbandonarne le file a seguito della promessa assoluzione da un precedente interdetto. Tra le schiere dell’esercito accorso sotto le insegne di Clemente V anche Francesco di Obizzo II zio di Fresco che mai aveva riconosciuto l’autorità del nipote.
Al momento della conquista pontificia, Fresco d’Este aveva trovato scampo presso Castel Tedaldo mantenendo, grazie alle truppe veneziane accorse in suo aiuto, il controllo del Borgo Superiore e del ponte sul Po. Il 10 ottobre, impossibilitato a proseguire personalmente il confronto con i suoi avversari, Fresco acconsentì a cedere alla Serenissima tutti i diritti di cui era titolare su Ferrara.
Solo il 1 dicembre, O. ed il suo collega Arnaldo siglarono con i Veneziani un accordo in base al quale questi ultimi avrebbero presidiato militarmente Castel Tedaldo ed il Borgo di S. Marco inalberando congiuntamente i vessilli del Leone di San Marco e del Pontefice; il podestà di Ferrara sarebbe stato nominato dai Veneziani tra i cittadini della città lagunare ed avrebbe amministrato la città in nome della Repubblica e della Santa Sede; i nunzi pontifici avrebbero stabilito la loro residenza nel palazzo del Comune in rappresentanza dell’alta signoria della Santa Sede. Il trattato, conseguenza delle maggiori disponibilità economiche e militari dei Veneziani rispetto all’alleanza antiestense, che dopo la conquista cittadina stava rapidamente sfaldandosi, consegnava in sostanza l’effettivo governo nelle mani veneziane lasciando ai legati il solo compito di attestare una formale superiore podestà pontificia sulla città.
Clemente V, per il tramite del suo legato cardinale Arnaldo Pelagrua, disconobbe l’accordo promuovendo contro i Veneziani, colpiti da interdetto, una crociata. La campagna militare, cui aderirono Bolognesi, Padovani, Vicentini, Piacentini, Parmigiani, Cremonesi, Mantovani, Reggiani, Modenesi, Ravennati, Anconetani, Fiorentini, Lucchesi, Senesi e Perugini, terminò solo alla fine dell’agosto 1309 con la piena riconquista pontificia dalla città.
O. poté dunque riprendere a svolgere le sue funzioni di legato apostolico e proprio in tale veste, nell’estate del 1309, partecipò all’organizzazione di un giuramento collettivo di fedeltà alla Chiesa, prestato personalmente da 3500 Ferraresi, singolarmente registrati. Tale sottomissione non impedì che il 19 maggio 1310, sotto la guida di alcuni membri delle case Torelli, Ramberti e Menabuoi, scoppiasse un tumulto contro il governo pontificio. La sollevazione di buona parte della città costrinse O. a rifugiarsi in Castel Tedaldo dove venne infine soccorso da un contingente pontificio validamente guidato da Francesco di Obizzo II d’Este, impegnatosi nella difesa del legato con l’obiettivo, forse, di recuperare la perduta autorità famigliare.
Allorché, nell’agosto del 1312, per liberarsi del più intraprendente rappresentante della vecchia casata signorile, Francesco d’Este fu fatto assassinare dal capitano generale della Chiesa Dalmau de Bonylus (che il Chronicon Mutinense, trascurando la figura del legato, vuole «dominus civitatis»), nuovi disordini scoppiarono in tutta Ferrara. Clemente V decise pertanto di nominare Roberto d’Angiò nuovo rettore cittadino cedendogli, fin tanto che allo stesso pontefice fosse piaciuto, tutte le giurisdizioni vantate dalla Santa Sede.
La perdita della documentazione archivistica ferrarese a causa dell’incendio che distrusse nel 1385 le carte della camera actorum costringe le ricostruzioni dell’età precedente a fondarsi in modo preponderante sulle fonti cronachistiche.
Le vicende inerenti le guerre tra l’alleanza pontificia e Fresco d’Este e tra l’alleanza pontifica e Venezia possono essere indagate tramite la documentazione archivistica veneziana quali i registri del Maggior Consiglio, tramite quella conservata presso l’Archivio di Stato di Modena, Arch. Marchionale segreto, le Riformazioni ed il Libro Grosso dell’Archivio di Stato di Bologna ed il registro di papa Clemente V. Una cospicua appendice documentaria costituita da trascrizioni di tali fonti correda lo studio di G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la S. Sede per il dominio Ferrara (1308-1313), Città di Castello 1905.
Fonti: G. Lünig, Codex Italiane diplomaticus, Frankfurth, 1725, IV, p. I, doc. 53, p. 79; IV, p. II, doc. 44, p. 1590, Tables des Registres de Clément V publiés par les Bénédictins, Établies par Yvonné Lanhers (et d'autres), Boccard, Paris, 1948; Chronicon Estense cum additamentis usque ad annum 1478, a cura di G. Bertoni-E. P. Vicini, Rerum Ital. Script., 2 ediz., XV, 3, pp. 77; Iohannis de Bazano, Chronicon Mutinense, a cura di T. Casini, Rerum Ital. Script., 2 ediz., XV, 4, pp 66; Corpus chronicorum Bononiensium, ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, pp. 314, 316; B. Fontana, Documenti vaticani di un plebiscito in Ferrara sul principio del secolo XIV, «Atti della Ferrarese Deputazione di Storia Patria», I (1986), pp. 1-157.
Studi: P. Bertolini, Este, Fresco (Francesco) d’, (sub voce) in Dizionario Biografico degli Italiani, XLIII, Ist. Enc. Italiana, Roma, 1993, pp. 349-359; P. Bertolini, Este, Obizzo d’, (sub voce) in Dizionario biografico degli Italiani, XLIII, Ist. Enc. Italiana, Roma, 1993, pp. 411-429: p. 413; G. Soranzo, La guerra fra Venezia e la S. Sede per il dominio Ferrara (1308-1313), Città di Castello 1905, p. 73 e passim, p. 83 e passim, pp. 95-96, pp. 120-121, p. 141, p. 167, A. Ostoja, La più antica rilevazione della popolazione a Ferrara: il plebiscito dell’anno 1310, «Atti e Memorie della Deputazione Ferrarese di Storia Patria», s. III (1957); A.L. Trombetti Budrieri, La signoria estense dalle origini ai primi del Trecento: forme di potere e strutture economico-sociali, in Storia di Ferrara, V, Il basso medioevo, Ferrara 1987, pp. 181.