di:
Jean-Baptiste Delzant
Morto prima del 1319.
Dalla presa del potere, nel 1305, fino alla sua morte, prima il 1319.
Foligno.
Non sono probanti i tentativi di fare dei Trinci dei discendenti dei conti di Uppello, come aveva voluto fare il Dorio nel xvii secolo. Tale genealogia non può fondarsi che su omonimie azzardate. La famiglia Trinci faceva probabilmente parte della nobiltà cittadina e della militia. Però, nella scarsa documentazione conosciuta dell’epoca (soprattutto notarile, alla quale si aggiunge una lettera pontificale del 1296) nè Nallo, nè suo padre Trincia di Trincia (morto prima la redazione della citata lettera), neanche il fratello di esso, Corrado, sono detti milites, ma vengono solo chiamati “domini”. Alcuni membri della famiglia esercitano magistrature importanti nella città, come Corrado, fratello di Nallo, podestà di Foligno per 10 mesi nel 1298. Il Dorio e lo Jacobilli, seguiti dalla storiografia locale, dicono che i Trinci sarebbero stati capi dei “nobili” invece degli Anastasi, la fazione rivale, che sarebbero stati capi dei “popolani”.
Nel xiii secolo, i Trinci facevano parte dei ghibellini. In una lettera del 1296 indirizzata ai figli di Trincia, Bonifacio VIII parla di esso come di uno che aveva aderito ai “rebbellibus, vindelicet quondam Federico olim romano imperatori et postmodum quondam Corrado et demum quondam Manfredo eius filiis eorumque fautorivbus”. I T. passano alla fine del Duecento a partito guelfo quando la fazione degli Anastasi domina il Comune. Il padre di Nallo, Trincia, servendo gli Svevi, aveva accumulato beni di cui Nallo e suoi fratelli chiedono la legalizzazione a Bonifacio VIII nel 1296.
Secondo la cronaca di Benvenuto di Benvenuti, il 1 luglio 1305, “populus [Fulginei] elegit in capitaneum populi Nallum domini Trincie, et ceperunt palatium populi cum turre, et ex eo expulerunt consules populi”. La rubrica 162 dello statuto del Popolo (ca. 1350) accenna ad eventi accaduti “tempore potestarie nobilis viri Nalli domini Trincie”, senza precisarne il momento. Il T. sarebbe stato anche gonfaloniere di giustizia secondo il Dorio. Egli accenna un istrumento dell’archivio dell’abbazia di Sassovivo, il quale citarebbe sotto l’anno 1309, 1319 e 1321 “nobilis et potens vir Nallus d. Trincie d. Trincie d. Berardi de Trinciis confalonierus iustitie, et capitaneus populi civitatis Fulginei”. Il documento però non è stato ritrovato e l’estratto del Dorio pone un problema di cronologia visto che Nallo sembra già morto nel 1319 (una permuta di benefici ecclesiastici del 1319 cita “dominu[m] Paulu[m] olim Nalli domini Trincie”). In una lettera (1 giugno 1371) di Gregorio XI a Trincia di Ugolino Trinci, nipote di Nallo, quest’ultimo è citato come avus di Trincia (e domicellus Fulginas). Questo titolo non è attribuito nel testo ai suoi successori, fino a Corrado (II), fratello di Trincia.
Probabilmente, il nostro Nallo non riveste le magistrature con continuità ma esercita una grande influenza nella vita politica della città. Nel 1314, quando la Signoria di Firenze chiede al Comune di Foligno di far restituire a cittadini fiorentini dei panni sequestrati, essa scrive anche al Nallo, “cittadino di Foligno”, chiedendo il suo intervento.
Nel contesto delle guerre ricorrenti tra Foligno e Perugia e di una lotta urbana che opponeva la sua fazione a quella degli Anastasi, il T. si impadronisce del potere nel 1305. Aiutato dai Perugini, Nallo opera un colpo di forza e caccia Corrado degli Anastasi e i suoi. La lotta contra la fazione ghibellina continua dopo il 1305, sia all’interno della città che all’esterno: rifugiati a Todi, gli Anastasi contrastano la dominazione dei Trinci.
Nel 1305, si celebra un grande parlamento a Foligno. Oltre da signori feudali possessori di castelli, i commissari di Clemente V ricevono da 31 città, terre e castri, tra cui Foligno, la promessa di mantenere la pace e di obbedire ai loro ordini. Per l’occasione, un tale “dominus Corradus” è syndacus del Comune di F., ma la menzione è troppo imprecisa perché si possa sostenere che esso sia il fratello di Nallo. Nel 1311, la città di F. ottiene la clemenza di Clemente V per tutti gli eccessi compiuti dei Folignati dal 1305, in cambio della loro obbedienza. La lettera pontificale che revoca il processo contro la città è mandata ai “dilectis filiis… potestati, consilio e comuni” di Foligno e indica che un tale “Ventura Petri, civ[es]” è stato “syndic[us] ac procurato[r]” della comunità civica. Dunque, sia nel 1305 che nel 1311, Nallo Trinci non può presentarsi al potere pontificale come il rappresentante della città. Egli non è in grado di rivendicare un vero potere personale.
Sia il parlamento del 1305 che il perdono del 1311 favoriscono la pacificazione interna della città. Il primo libro dello Statuto del 1314 riconosce l’autorità del Papa (rub. 2), costringe il podestà e gli altri magistrati ad osservare “omnes et singulas papales et imperiales constitutiones et leges” (sic) e quelle della Provincia del Ducato (rub. 2). Lo statuto vieta leggi o ordinamenti contrari alla libertà della Chiesa (rub. 73). Questi provvedimenti si distinguono degli statuti del secolo precedente, oggi perduti, ma che sappiamo condannati da Onorio III (1216-1227), in quanto contrari alle libertà ecclesiastiche.
Presi insieme, nell'arco di 10 anni, talli eventi e provvedimenti, sia legislativi da parte del Comune che giudiziari da parte del papato, tendono a mostrare l’intensità delle negoziazioni fra la città di F. (fra tante città dell’Umbria) ed i rappresentanti del pontefice. Possono essere interpretati come un riconoscimento indiretto da parte del papato del nuovo equilibrio politico istaurato da Nallo, del suo accesso al potere e della sua influenza nella vita politica di Foligno, in quanto il Comune nel quale Nallo ha un ruolo centrale viene preso come valido interlocutore.
Foligno è un Comune di Popolo. Alla fine del Duecento, coesistono podestà e consoli. Il catasto del 1286 viene istituito “tempore potestatis nobilis viri Iacobi Parentii romani per consules civitatis Fulginei et consulatus prudentis viri domini Riccardi Rizzardi de Reate consulis civitatis predicte”. Secondo il Dorio, nella seconda metà del Duecento, il capo della famiglia rivale dei Trinci era priore delle Arti e gonfaloniere di giustizia. Nallo si inserisce nelle istituzioni comunali preesistenti e, anche qualora un nuovo libro degli Statuti del Comune sia stato redatto nel 1314, non sappiamo nulla di eventuali mutamenti imposti. Malgrado la scarsità della documentazione, si può sottolineare che la magistrature di console sembra scomparire proprio all’inizio del Trecento, quando si impone invece quella di capitano del Popolo: il “catastum nuovum” del 1324 è costituito “tempore potestarie nobilis viri et potentis domicelli Porecelli” de Rubeis da Firenze e “tempore capitaneus nobilis viri Iacobini de Parma honorabilis capitani comunis et populi civitatis Fulginei”. I nuovi statuti del 1314 mirano a promuovere la pacificazione e il ritorno dell’ordine all’interno della città, senza cambiare l’architettura globale degli antichi organismi comunali: il regime podestarile era già istituito ma a fianco della carica di podestà viene creata quella di capitano del Popolo (“capitaneus sive rector” (rub. 20)), segno dell’ascesa del Popolo. Altro segno del ruolo del Popolo, il fatto che sono proprio i “priori populi” a convocare il consiglio generale e speciale, con i “consules sotietatum civitatis”, per l’elezione del podestà (rub. 19). Tutto questo suggerisce un ruolo crescente e determinante del Popolo, col quale i Trinci hanno dovuto transigere ed allearsi.
Il primo libro degli Statuti del Comune, datato 1314 secondo il Dorio e pervenuto in due trascrizioni del sec. xv, definisce le prerogative del podestà e degli ufficiali e magistrati del comune, e impose loro di essere “de parte Sancte Romane Ecclesie que vocatur Guelfa”, rub. 19) ma tuttavia esso non fa quasi nessun accenno alla carica di gonfaloniere di giustizia e di capitano di parte guelfa. L’assenza di limiti precisi all’autorità della prima carica cittadina che Nallo e i suoi successori mantengono nelle loro mani favorisce l’esercizio dell’influenza della famiglia sulle istituzioni comunali.
Per la presa del potere, il T. beneficia del sostegno dell’esercito perugino. La città, guelfa, era in lotta con la Foligno ghibellina da decenni. Dopo il 1305, Nallo continua l’amicizia con Perugia. Secondo il Dorio, si aggiungono alleanze con Roberto di Napoli, Spoleto e Gubbio. Roberto è infatti eletto podestà della città per i sei primi mesi del 1311 e vi invia uno vicario, Caetano de Anagnia.
Secondo il Dorio, Nallo avrebbe sposato Chiaria di Cante dei Gabrielli di Gubbio. Il nuovo orientamento guelfo della famiglia sembra essere suggellato da una vera politica matrimoniale che porta a stringere le alleanze politiche. I Trinci si avvicinano delle grande famiglie che danno papi, gli Orsini poi i Caetani. Il fratello di Nallo, Ugolino, sposa una Risabella Caetani, essendo un tale Bartolomeo Caetani, probabilmente parente del papa Bonifacio VIII, vescovo di Foligno fra il 1296 e il 1304. Resta però da precisare la parentela della Risabella con quest’ultimo. Un figlio di Nallo, Vagnozio, sposa Ottavia Orsini, un altro figlio, Corrado (I), Agnese Baglioni di Perugia.
Pietro, primogenito di Nallo, è prelato presso la corte di Clemente V. Procurator del Collegio dei cardinali, viene nominato vescovo di Spoleto nel 1307. Rimane al suo posto fino alla sua morte, avvenuta nel 1329.
Dopo la morte di Bartolomeo Caetani nel 1304, Ermanno di Anastasio di Filippo Anastasi, priore della cattedrale di Foligno, è eletto vescovo di Foligno. Non riesce mai ad occupare il suo posto, essendo il nipote del Corrado di Filippo Anastasi cacciato della città da Nallo Trinci. Corrado, primogenito di Trincia e fratello di Nallo, segue infine una carriera ecclesiastica: diventa canonico di diverse chiese di F., poi canonico della cattedrale, e, infine, priore della chiesa di San Salvatore.
ASV, Cam. Ap., collect. 443, fol. 147-153.
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