di:
Jean-Baptiste Delzant
Morto nel 1377.
Il T., primogenito di Ugolino Novello, riveste un ruolo predominante nella vita politica della città nel periodo compreso tra la morte del padre, avvenuta circa il 1350, fino al 1377, in cui muore.
Trincia persegue i tentativi di dominazione territoriale iniziati un mezzo secolo prima, sia all'interno del contado di Foligno che fuori di esso. A tale scopo, utilizza sia il potere del denaro che la pressione o la forza.
Nel 1364, il T. ottiene in mutuo 1 500 fiorini d’oro da Blasco Fernandez di Belviso, rettore del Ducato di Spoleto e parente del cardinale Albornoz del quale Trincia ha preso le parti (vedi infra). La somma viene immediatamente prestata a Pietro di Manfredo dei Prefetti di Vico, che cede come cauzione un tale castello di Giove.
Bevagna e il suo contado rimangono fra i bersagli ricorrenti della famiglia (vedi scheda Ugolino I Trincia). Almeno per due volte, negli anni 1350, i Trinci ricoprono l’incarico di podestà a Limigiano, un piccolo castello del contado di Bevagna, col quale dispongono di un mezzo di pressione sulla terra. Nel 1371, Trincia riesce ad occupare Bevagna con la forza, dopo di che Gregorio XI gli cede, secondo Pompeo Pellini, l’amministrazione della terra e include quest’ultima nella giurisdizione del vicariato concesso al T. nel 1367. Trincia e suo fratello Corrado si impadroniscono di altri castelli e terre dei dintorni e approfittano delle tensioni fra Perugia e il papato per accrescere la loro pressione sulle vicine terre. Nel 1376, Trincia è “conservator et gubernator” della terra di Montefalco, ne nomina il podestà e sconfina sulla zona di influenza di Perugia: insieme a Corrado, riceve una lettera dalla Signoria di Firenze con la quale i due fratelli vengono rimproverati per il fatto di avere invaso il castello di Cannara ai danni dei Perugini, ai quali spettava da tempo il dominio del detto castello.
Vedi scheda Nallo Trinci.
Lettere papali sono indirizzate a Trincia, “nobili viro Trincie de Trinciis, militi fulginati”. Nel 1367, il T. è nominato dal papa Urbano V “vicarius, rector et gubernator in temporalibus generalis” per Foligno e il suo territorio, per 10 anni. Qualora Trincia muoia prima della fine del vicariato, il fratello Corrado (II) e il figlio Ugolino (III) dovrebbero svolgere “communiter” il vicariato (bolla del 30 novembre 1367 di Urbano V): si instaura dunque una forma di diritto di successione, per una durata determinata. Nel 1371, dietro richiesta del T., il nuovo papa Gregorio XI proroga l’ufficio di altri 6 anni. Secondo una lettera pontificale del 1371, la stirpe dei Trinci iniziata da Nallo, prima del vicariato, non rivestiva che “maiestatem et premientiam in […] civitate Fulginati et dicte civitatis regimen” esercitava. Il vicariato è esercitato da una persona; la bolla lo concede ad un uomo, ma la carica è appannaggio del gruppo familiare: Gregorio XI scrive che il vicariato, “vel alius titulus”, è stato concesso “vobis”, cioè nel ambito della stirpe dei Trinci.
Il T. ha anche titoli legati alle sue attività di condottiero al servizio della Chiesa. Nel 1374, egli si presenta come “Spoletani ducatus vexillifer pro sanctam romanam Ecclesiam generalis”.
Secondo lo statuto del Popolo, Trincia è simultaneamente gonfaloniere di giustizia della città. Assume la carica a vita “derogatorio omnibus aliis statuti set ordinamentis ante vel retro positis”, senza che alcuna misura legislativa, presa da qualunque consiglio, possa modificare il suo statuto (rub. 188). Interessantissimo il preambolo della detta rubrica, che giustifica l’affidamento del potere ad un uomo solo paragonando gli uomini della città con le api. Per restaurare la pace e la concordia e per raffrenare “l’avare cupidigia e l’audacia dei superbi”, i primi devono seguire l’esempio delle seconde: deve governare “unus […] rex qui solus non habet aculeos (pungiglioni)”. Frequente nella retorica politica del tempo l’idea che la giustizia e la concordia non possono essere salvate che dal passaggio verso un potere personale superiore alle fazioni. Si vede ad esempio il modello di discorso politico da pronunciare in consiglio, intitolato Come si de’ dire quando la terra si dà a segnore e scritto dal notaio fiorentino Filippo Ceffi nella prima metà del Trecento. Originale, invece, il paragone con le api, con lo sviluppo in ambito comunale del campo lessicale del potere personale (rex, pr[a]esul popolo) e l’idea sottostante che il detentore del potere sia per sua natura diverso degli altri cittadini. Diventa proprio quest’unicità (“solus [qui] non habet aculeos”, cioè il solo senza cupidigia ne audacia) a legittimare il potere di un individuo, invece di quello di un collegio di magistrati sprovvisti di tale qualità.
Lo statuto stesso prevede che il T. portasse il titolo di “gonfaloniere di giustizia del popolo folignate e capitano di parte guelfa”. Egli potrebbe già essere stato associato al potere dal padre Ugolino e aver esercitato la carica di gonfaloniere di giustizia nel 1346. La rub. 9 dello statuto dei giudici e notai di Foligno cita la carica di gonfaloniere, “videlicet domini Trincie Novelli de Trinciis et filiorum ipsius confalonerii” ma l’identificazione rimane incerta (vedi scheda “Ugolino Novello Trinci”). Sei anni dopo, invece, nel 1353, gli statuti dei proconsoli dei mercanti di Foligno sono pubblicati, fra altre persone invocate, “ad exaltationem magnifici et potentis militis domini Trincie de Trinciis de Fulgineo honorabilis confalonerii iustitie et populi”.
La natura familiare del potere è palesata anche dal modo con quale viene chiamato il fratello Corrado nella citata lettera di Gregorio XI: riconoscendo Trincia come suo vicario per Foligno, egli qualifica il fratello Corrado (II) di “domicellus Fulginas”. Anche la richiesta fatta da Luigi I d’Ungheria a Perugia durante la guerre degli Otto Santi affinché la città consideri “magnificum militem dominum Trinciam et Corradum eius germanum de Fulgineo commendatos” dimostra l’associazione dei due fratelli e la preminenza di Trincia. Si può anche indicare che Caterina di Siena invia una lettera a “misser Trincio De’ Fuligno e a Corrado suo fratello”, ambedue detentori del potere in Foligno, considerati come servitori della Chiesa. La santa parla dello “stato” e dei “suddetti” loro.
Probabilmente associato al padre Ugolino Novello nelle istituzioni del Comune sin dalla sua giovinezza, Trincia esercita il potere in un quadro giuridico rafforzato: sia all’epoca del padre, sia sotto il proprio dominio, la carica di gonfaloniere di giustizia viene trasmessa di diritto all’interno della famiglia Trinci. Rimangono notevoli l’assenza dei conflitti per la trasmissione del potere all’interno della famiglia e la cooperazione visibilmente pacifica tra i membri di essa, soprattutto tra i fratelli Trincia e Corrado, nel dominare della vita politica della città.
Mentre il cardinale legato Albornoz è impegnato nella provincia del Patrimonio, il Trinci adotta un attendismo prudente ma quando l’Albornoz inizia la pacificazione del Ducato, Trincia arriva a riconoscere l’autorità del papa e accoglie il cardinale a Foligno nell’autunno del 1354 o all’inizio del 1355. Egli vi dimora e vi coordina la lotta contro i ribelli del Ducato e della Marca: a Foligno si sottomettono dinanzi all’Albornoz Spoleto, Gualdo, Bettona, Assisi o Gentile da Mogliano, signore di Fermo. Secondo il Dorio, Trincia è poi nominato capitano della Chiesa nella guerra contra i Malatesta e, col consenso del cardinale, fa edificare una rocca in una contrada di Foligno (sic, Istoria della famiglia Trinci, p. 165: di essa, tuttavia, non si sa niente e il fatto sembra poco verosimile. Si tratta magari di rinforzi di fortificazioni operati dal Comune). Sempre a Foligno, il Legato accoglie nel 1355 i cavalieri tedeschi mandati dall’imperatore Carlo IV come contributo per le sue imprese militari nella Marca. Non abbiamo però fonti che consentano di accogliere l’affermazione del Dorio e del Jacobilli secondo la quale il T. avrebbe ricevuto la concessione del vicariato dall’Albornoz stesso.
Durante la seconda legazione dell’Albornoz, Trincia è di nuovo al suo fianco: egli viene richiesto dal cardinale per marciare contro Bologna, e lo raggiunge a Cesena nel 1363 per la guerra contro Bernabò Visconti. Lo segue di nuovo nella lotta contro le compagnie di ventura (1365-1367). Il T. ottiene come ricompensa dal suo appoggio alla Chiesa la concessione del vicariato apostolico in temporalibus nel novembre 1367: il potere della famiglia su Foligno viene così legittimato e il T. diventa rappresentante del pontefice. Egli prosegue il suo impegno al servizio del pontefice e comanda truppe stipendiate dalla Chiesa: nel 1374, Trincia può presentarsi al Comune di Siena come “Spoletani ducatus vexillifer pro sanctam romanam Ecclesiam generalis”. Durante la guerra degli Otto Santi, il T. si schiera per la Chiesa tardivamente, nel 1377, dopo aver tentato di tenersi fuori dal conflitto tra i suoi alleati tradizionali (Firenze e Perugia) e il il papa, suo protettore e datore di lavoro.
Funziona il quadro istituzionale del Comune di Popolo, l’organismo superiore del consiglio dei priori presieduto dal gonfaloniere di giustizia.
Il consiglio dei Priori, presieduto dal gonfaloniere, deve fare approvare da esso sia il suo ordine del giorno che le sue decisioni. Inoltre, il gonfaloniere è dotato di prerogative esclusive nel campo dell’attività militare. Lo statuto particolare, derogatorio, che Trincia ha acquisito, si traduce anche nei privilegi accordati a tutta la sua famiglia: essa è distinta dal resto della popolazione dal fatto che “cuilibet de domo de qua est dominus Trincia, necnon dominus Franciscus condam domini Corradi, et filii condam domini Berardi domini Corradi [due altri rami dei Trinci, Berardo essendo un cugino germano di Nallo] […] et eorum familiaribus” viene autorizzato a portare in città armi sia difensive che offensive.
Non è detto, comunque, che, al livello istituzionale, il rapporto di forza sia a tutto vantaggio di Nallo: le istituzioni del popolo conservano una preminenza almeno onorifica. Cosi, nel preambolo degli statuti dei proconsoli dei mercanti del 1353, i priori del Popolo sono citati prima il T. Il testo è pubblicato “ad honorem et exaltationem dominorum priorum populi [civitatis Fulginei] et totius ordinis prioratus populi civitatis prefate; nec non ad magnificationem, honorem et exaltationem […] domini Trincie de Trinciis […] confaloneri iustitie et populi” (vedi supra “Titoli formali”).
Inoltre, anche se T. ha un ruolo di primo piano nella vita politica della città, essendo l’interlocutore di numerosi attori politici della penisola, il Comune di Foligno agisce sempre a proprio nome, ad esempio scrivendo e ricevendo lettere diplomatiche.
Gli statuti del Popolo, rinnovati sotto le magistrature dei Trinci rinforzano l’alleanza con Perugia, e Foligno mantiene relazioni strette con Firenze. Gli scambi di magistrati fra le due città continuano, ma i legami diventano anche più personali: nel 1371, Trincia e Corrado, suo fratello, ottengono dietro loro richiesta la cittadinanza effettiva di Firenze e si impegnano a restare “amatores et servitores” del popolo di Firenze.
L’impegno nel campo pontificio mette però i Trinci e la loro città di fronte a scelte difficili e ad obbligazioni contraddittorie. Trincia adotta un attendismo prudente nella guerra tra Perugia e il pontefice, accontendandosi di accogliere i legati della Chiesa a Foligno senza impegnarsi direttamente nel conflitto del 1372. All’inizio della guerra degli Otto Santi, il T. resta neutrale malgrado le minacce e le esortazioni di Firenze che, insieme ad altre città, prova a convincerlo a unirsi alla Lega della Libertà e a non essere “fautor tirannidis galligorum” (lettera del 11 marzo 1376). Trincia approfitta della situazione di Perugia per impadronirsi del castello di Cannara, ribellato contro il papa e protetto dalla città del grifone. Servendosi probabilmente delle relazioni instaurate con il re d’Ungheria quando il padre Ugolino era condottiero per esso, Trincia sollecita l’intervento diplomatico di Luigi il Grande per convincere - invano - i Perugini a non danneggiare il contado di Foligno, e si lamenta con il re delle azione dei Fiorentini. Il T. si decide ad entrare nel conflitto quando Gregorio XI manda nuove truppe di mercenari nel 1377 prima di tornare a Roma. A questo punto, egli si schiera per la Chiesa.
Sposato con Giacoma d’Este, Trincia prova ad avvicinarsi alle famiglie signorili potenti. Nel 1376, egli scrive a Ludovico Gonzaga di Mantova, capitano di Mantova e marito di Alda d’Este, per offrirgli la sua amicizia e i suoi servizi. Il T. adotta una politica matrimoniale nella stessa direzione. Il figlio Ugolino (III) viene fatto sposare con Costanza di Aldobrandino Orsini, figlia del conte de Soana e Pitigliano. Legami con la potente famiglia erano già stati tessuti due generazioni prima, quando uno fratello di Ugolino di Nallo prese per moglie una tale Ottavia Orsini (secondo quanto riferisce il Dorio). Il legame fra le due donne rimane però sconosciuto. Anche le alleanze locali vengono rinnovate: una delle figlie di Trincia, Contessa, è data come sposa a Berto Elmi, di una della famiglie influente di Foligno.
Nel 1356, il T. ricopre l’incarico di podestà di Limigiano, un piccolo castello del contado di Bevagna. Egli ci nomina un suo vicario. Nel 1351, un tale Berardo, notaio, era già stato vicario a Limigiano, “per magnificum et potentem virum Nallum domini Ugolini de Trinciis de Fulgineo honorabilem potestatem et rectorem communis predicti”. Si trattava probabilmente di un fratello di Trincia. Secondo Francesco di Montemarte, cronista del tempo, Orvieto chiede al T. di arbitrare le lotte politiche della città e gli rimette “‘l reggimento della città” nel 1375. L’anno seguente, il T. è “conservatore e governatore” della terra di Montefalco e ne nomina il podestà.
Trincia Trinci può contare sull’appoggio dello zio Paolo, vescovo di Foligno, anche lui citato da Gregorio XI nel 1371 fra i membri della stirpe che governano la città. Nel 1357, il vescovo figura come teste di una pacificazione raggiunta tra Foligno e Spello con l’approvazione di Trincia. Dopo la morte di Paolo, nel 1363, Rinaldo, fratello di Trincia, viene eletto vescovo a sua volta, ma muore l’anno seguente. Prima di questa carica, Rinaldo era canonico della cattedrale e, nel 1358, priore di essa. Era succeduto a Ruggero di Berardo Trinci, canonico (citato nel 1334) poi, dal 1347 (secondo il Dorio), priore del duomo. Si tratta di una conferma del quasi monopoli esercitato dai Trinci, spesso simultaneamente, su due delle principali cariche ecclesiastiche della città, quella di vescovo e quella di priore della cattedrale.
Un exemple suggère la façon dont le clergé, régulier comme séculier, peut contribuer au renforcement de la position des Trinci. Dans le castrum de Limigiano, où la famille a exercé à plusieurs reprises la charge de podestat dans les années 1340-1350, notamment en 1356, se trouve un monastère dépendant della vicina e potente abbazia benedettina di Sassovivo. Le 2 février 1356, pour avoir mis le monastère à sac et tué son abbé, les gens de Limigiano sont excommuniés puis condamnés à de lourdes peines. Le juge délégué par le Saint-Siège n’est autre que Ruggero di Berardo Trinci, alors prieur du chapitre de la cathédrale de Foligno et sub-conservator de Sassovio.
Nel 1357, la canonica di San Salvatore, un altro luogo importante della vita religiosa folignate, ha come priore un membro dell’altro ramo della famiglia Trinci, Corrado di Rinalduccio.
La riforma dei francescani spirituali ha trovato protezioni nel ambito di Foligno e dei Trinci, sin dal tempo del vescovo Paolo (1326-1363). Nel 1368, essa conosce un nuovo episodio con il permesso ottenuto da Paoluccio Trinci, figlio di Vagnozzo di Nallo (vedi schede Nallo Trinci) e cugino di Trincia, di ritirarsi nel convento eremitico di San Bartolomeo da Brogliano. Secondo la storiografia francescano-riformista, il movimento della regolare osservanza beneficia dal intervento del T., che sarebbe intervenuto presso il capitolo provinciale a favore di fra Paoluccio.
La morte del T. (infra) ha avuto echi nell’Italia centrale e viene menzionata in parecchie cronache contemporanee, a Siena, a Pistoia, a Perugia, a Città di Castello o a Firenze (elenco parziale in Nessi, p. 77). L'eco dell'evento perviene fino alla corte pontefice, dove sono mandati ambasciatori di Foligno a chiedere il perdono del papa per l’omicidio. Il procuratore di Lodovico II Gonzaga presso il pontefice rende conto dell’udienza al suo signore. Alla fine del secolo, l’episodio della morte di T. viene reinterpretato dal vescovo di Foligno, Federico Frezzi. Nel Quadrireggio, opera dedicata a Ugolino, figlio di Trincia, Frezzi presenta Trincia come un martire della fede cattolica e un servitore indefettibile della Chiesa. Santa Caterina da Siena aveva già proposto questa lettura dell’evento in una delle sue lettere.
Trincia viene ucciso durante una rivolta urbana nel 1377. Approfittando del passaggio delle truppe della Lega della Libertà in prossimità di Foligno, e sicuramente con l’aiuto di esse, una frazione rivale dei Trinci condotta da Corradino e Napoleone Brancoleone s’impadronisce di Foligno nel settembre 1377 e uccide Trincia. L’interruzione della dominazione familiare però dura poco: qualche settimane dopo la caduta di Trincia, il fratello Corrado II riprende il controllo della città.
F. Baldaccini e A. Messini (a cura di), Statuta communis Fulginei, vol. II, Perugia, 1969; F. A. Gualtiero (ed.), Cronaca inedita degli avvenimenti di Orvieto e di altre parti d’Italia dall’anno 1333 all’anno 1400 di Francesco Montemarte conte di Corbara, t. I, Torino, 1846, p. 44; V. Martinelli, Un documento per Giotto ad Assisi, in Storia dell’arte, 19, 1973, doc. xxii, pp. 205-206; P. Misciattelli (ed.), Le lettere di s. Caterina da Siena ridotte a miglior lezione, e in ordine nuovo disposte, Firenze, 1970 (XXII ed.; I ed. 1860 ; II ed. 1913), vol. IV, lettera CCLIII, pp. 72-76; A. Segre, I dispacci di Cristoforo da Piacenza, procuratore mantovano alla corte pontificia (1371-1383) in Archivio Storico Italiano, s. V, t. XLIV,1909, lettera XXVI, pp. 263-264; M. Sensi, Gli statuti dei mercanti e degli artigiani, dei merciai e dei bambagiai di Foligno (secc. xiv-xv), in Bollettino Storico della Città di Foligno, 10, 1986, pp. 130-166; A. Theiner, Codex diplomaticus dominii temporalis S. Sedis, t. II, Roma, 1862
G. degli Azzi Vitelleschi, Le relazioni tra la repubblica di Firenze e l’Umbria nei secoli xiii e xiv, t. II, Perugia, 1909, pp. 145-146; M. Faloci Pulignani, I priori della cattedrale di Foligno in Bollettino della Regia Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, vol. XX, 1914, pp. 213-504; F. Filippini, Il Cardinale Egidio Albornoz, Bologna, 1933, pp. 73, 81, 311; G. Lazzaroni, I Trinci di Foligno dalla signoria al vicariato apostolico, Bologna, 1969; S. Nessi, I Trinci signori di Foligno, Foligno, 2006.