di:
Gian Paolo G. Scharf
1220 circa –1289.
Gli Ubertini furono una famiglia di rango capitaneale, legata all’episcopato aretino e originaria del Casentino; nel Duecento erano tuttavia impiantati anche in Valdambra, in Valdarno e sulle prime propaggini della Valdichiana; nello stesso periodo si erano anche inurbati ad Arezzo, dove il loro riuscito inserimento nell’élite cittadina è provato anche dalla stabile penetrazione di alcuni membri nel capitolo cattedrale.
- Non è sopravvisuto alcun documento del periodo in cui l’U. esercitò la propria signoria su Arezzo, nè da altre fonti risulta alcun titolo formale, di cui peraltro è improbabile che l’arbitro della politica aretina abbia mai sentito il bisogno.
- Diverso il discorso per Cortona, dove i presuli aretini vantavano antichi diritti, connessi con il titolo comitale esercitato nei secoli precedenti; non sembra tuttavia che Guglielmino, l’unico a sostanziare tali diritti fino ad allora teorici, abbia ricevuto alcun titolo formale per l’esercizio del proprio potere.
Dopo una rapida carriera nel capitolo cattedrale, Guglielmino accedette piuttosto giovane al soglio episcopale, che mantenne per un quarantennio, dimostrando fin dai primi anni la volontà di utilizzare tale carica per influire sulla politica aretina. Per quanto di ascendenza ghibellina l’U. si dimostrò un abile diplomatico, barcamenandosi fra le fazioni per perseguire i propri scopi politici.
- Nel 1258 fu il promotore di un proditorio attacco notturno a Cortona, portato dal comune aretino che si insignorì del centro in virtù di una formale transazione con la quale il vescovo cedeva i propri diritti (riservandosene alcuni) al comune per estinguere vecchi debiti (forse solo pretestuosi). Nel 1261, in rotta con il proprio comune, favorì il rientro dei cortonesi esuli nel borgo della Valdichiana, concludendo con il rinato comune cortonese un accordo che gli riservava la nomina del podestà e di alcuni altri officiali.
- Nel 1287, approfittando del risentimento dei magnati nei confronti del regime popolare, che li aveva marginalizzati, Guglielmino fu il regista occulto di due distinti colpi di mano. Con il primo le forze magnatizie misero fine al regime popolare, cacciandone il leader dalla città; con il secondo la parte ghibellina espulse quella guelfa, consegnando il controllo del comune al combattivo vescovo.
Non risulta alcuna legittimazione formale della signoria di Guglielmino.
- Per Cortona è dubbio che la nomina del podestà, dopo il primo periodo di assestamento su proposta cortonese, possa realmente configurarsi come una signoria, dato che il comune della Valdichiana potè continuare a condurre la propria politica e anzi concludere un nuovo accordo con il presule negli anni Settanta.
- Per Arezzo, data la rimarchevole perdita totale della documentazione per questo (e solo questo) periodo, non abbiamo alcuna certezza su quale fosse il sistema di governo dell’U.; è tuttavia probabile che il nuovo signore mantenesse in vita tutte le strutture di governo legate direttamente al comune, mentre quelle schiettamente popolari erano state quasi certamente spazzate via con il primo colpo di mano. La guida dell’esecutivo fu forse solo indirizzata dal nuovo signore, che intese il suo governo come un fatto puramente carismatico; ciò è provato del resto dal fatto che a Campaldino, pur in presenza di un podestà nominalmente capo dello schieramento militare, Guglielmino si riservasse un posto di comando nell’esercito, cosa che tuttavia non gli impedì di cadere in battaglia.
L’orientamento dichiaratamente ghibellino di Guglielmino e della sua signoria gli attirò i consensi dell’intera fazione nel centro Italia: Pisa sostenne il suo potere, mentre Orvieto mandò un contingente militare in occasione della battaglia decisiva. La presenza in Arezzo di Percivalle Fieschi, vicario regio, attirò poi in città i fuoriusciti ghibellini da tutta la Toscana e da parte dell’Umbria, che si trovarono a militare nelle file aretine (in primo luogo i fiorentini) a Campaldino. Prima di arrivare alla signoria Guglielmino aveva temporaneamente abbracciato la causa guelfa, diventando capitano della omonima parte senese nel 1265 e 1266 e ricevendo speciale considerazione da Carlo d’Angiò. Tornato al ghibellinismo, nel 1282 fu riconosciuto princeps imperii da Rodolfo d’Asburgo.
Come detto nel 1265 e 1266 Guglielmino fu capitano della parte guelfa senese fuoriuscita.
Trattandosi di un vescovo, la politica religiosa fu al centro dell’azione dell’U.; pur avendo alcuni consanguinei nel capitolo e in altri posti chiave della diocesi, Guglielmino preferì sostanzialmente servirsi di homines novi, che dovessero tutto a lui. Nei confronti del clero diocesano l’U. fu un vescovo assai attento al rispetto delle proprie prerogative, dimostrandosi insofferente delle immunità degli ordini esenti, primo fra tutti quello camaldolese; differente fu l’atteggiamento nei confronti dei mendicanti, da lui favoriti. Fu invece ostile a santa Margherita da Cortona, vedendo nel carisma della mistica un possibile elemento di disgregazione dello spazio diocesano: nel 1325 infatti Cortona ottenne la promozione a città e il distacco dalla diocesi aretina, e ciò fu indubbiamente dovuto anche alla fama della santa, ormai defunta.
Guglielmino portò avanti la costruzione della nuova cattedrale, senza vederla terminata, non ostante un generoso lascito del pontefice Gregorio X che ad Arezzo era morto. Sembra che in effetti l’U. preferisse lasciare la responsabilità e l’onere della lunghissima fabbrica alla città, concentrandosi invece sul palazzo episcopale, da lui iniziato e sostanzialmente terminato.
- A Cortona, dopo il primo periodo in cui il comune fu sostanzialmente riconoscente al vescovo per l’appoggio fornito nella sua ricostituzione, prevalse una diffusa ostilità verso un potere sentito come esterno, tanto da richiedere un nuovo accordo negli anni Settanta e successivamente giustificare il tentativo di negare – dopo la morte dell’Ubertini – qualsiasi diritto aretino sul paese, appoggiandosi su di un parere legale di Baldo degli Ubaldi.
- Ad Arezzo il ruolo di capo fazione di Guglielmino, fu da lui presto dismesso non appena ebbe raggiunto il potere. In questo modo si alienò i consensi anche del partito ghibellino, sostenendosi esclusivamente sul proprio carisma.
Molteplici sono i giudizi offerti dai contemporanei sulla figura di un vescovo che si può definire perlomeno discusso. Il comune aretino, il poeta Guittone d’Arezzo, Margherita da Cortona, il Villani, non furono teneri con il presule, definito uomo di guerra più che di chiesa, seminatore di zizzania e “lupo spartore” invece di pastore.
Tralasciando il potere poco più che formale esercitato a Cortona, per Arezzo secondo Villani l’U., non sentendosi più sicuro del proprio dominio, nel 1289 aveva iniziato trattative segrete con Firenze, che furono conosciute in città. In virtù dell’ascendente che il vescovo e i suoi consanguinei ancora mantenevano nel consiglio principale di Arezzo, prevalse la linea di cercare la battaglia risolutiva con le forze fiorentine, piuttosto che estromettere Guglielmino dal potere. L’11 giugno 1289, nella piana di Campaldino, presso Poppi, i due schieramenti si affrontarono in uno scontro che fu esiziale non solo alle sorti del ghibellinismo toscano, ma anche allo stesso vescovo, caduto settantenne in battaglia.
- Per Cortona esistono i testi dei due accordi: ACC, [Archivio Comunale di Cortona] Registrum Vetus, c. 1 (U. Pasqui, Documenti per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo II, Firenze, Deputazione di Storia Patria per la Toscana, 1916, n. 617), 20 aprile 1261; ACC, Registrum Vetus, f. 145, 18 luglio 1277.
- Per Arezzo, come detto, le fonti per il periodo della signoria dell’U. sono del tutto carenti; non così per il periodo precedente, rischiarato da alcuni documenti comunali, vescovili e capitolari: ASFi [Archivio di Stato di Firenze], Capitoli, Registri, XXIV; AVA [Archivio Vescovile di Arezzo], n. 113; ACA [Archivio Capitolare di Arezzo, Fondo Canonica], nn. 620, 654
Fonti: G. Villani, Nuova Cronica I, a c. di G. Porta, Milano, Guanda, 1990-1, libro VII, capp. CXV, CXX, CXXIV, CXXVII, CXXXI; Pasqui, Documenti, cit.; Visite Pastorali dal 1257 al 1516, a cura di don Silvano Pieri e don Carlo Volpi, Diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, “Studi e documenti”, 1, Fiesole, Servizio Editoriale Fiesolano, 2006, pp. 13-59.
Studi: C. Lazzeri, Guglielmino Ubertini vescovo di Arezzo (1248-1289) e i suoi tempi, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1920; G.P.G. Scharf, Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1230-1300), tesi di dottorato, XIII ciclo, Università di Perugia, 2002; Id., L'attrazione della città: gli Ubertini e Gaville fra Firenze e Arezzo nel Duecento e nei primi decenni del Trecento, appendice documentaria a cura di Lorenzo Tanzini, in San Romolo a Gaville in età medievale. Storie di una pieve del Valdarno, atti del convegno di Figline Valdarno, 22 ottobre 2005, a cura di P. Pirillo e M. Ronzani, Roma, Viella, 2008, pp. 123-46; Id., Vescovo e signore: la parabola di Guglielmino degli Ubertini, in corso di stampa.