di:
Gabriele Taddei
…-1238.
1213-1229.
Pisa.
Tra le più antiche schiatte pisane, i Visconti debbono il loro nome alla carica vicecomitale della quale furono insigniti e le cui ultime attestazioni di giurisdizione si hanno, per Pisa, nel primo ventennio del XII secolo. Nei decenni successivi, a ragione dei diritti fiscali che il casato pretendeva ancora di esercitare, i Visconti entrarono più volte in aperto conflitto con il nascente Comune, pur venendo in modo relativamente rapido assorbiti entro la sua èlite consolare.
La famiglia, o meglio quel suo singolo ramo che si è soliti far discendere da tal Gherardo, vissuto nella seconda metà del Millecento, continuò del resto ad essere al vertice delle istituzioni pisane anche negli anni a cavaliere tra XII e XIII secolo quando la sperimentazione politica comportò prima la creazione di quattro rectores, quindi una rapida alternanza fra sistemazioni podestarili e consolari.
Se in città i Visconti rappresentarono dunque una tra le compagini parentali maggiormente capaci di ipotecare i principali uffici comunali, sovente in aperto antagonismo al casato rivale dei Della Gherardesca, la famiglia dimostrò vivissime aspirazioni in Sardegna. Nell’isola -attraverso dirette conquiste (avviate agli esordi del Duecento da Lamberto Visconti) e accorte politiche matrimoniali (Ubaldo I di Lamberto sposò Adelasia, figlia di Mariano II giudice di Torres)- essa poté assumere, per conto del Comune pisano, il controllo sulla Gallura e, in forme libere da qualsivoglia superiore autorità, quello su Torres. Cittadini a Pisa, i Visconti potevano legittimamente considerarsi Re nei loro giudicati sardi.
U. fu podestà pisano, per un triennio consecutivo, dal 1213 al 1216 e nuovamente nel 1222, nel 1225 e nel 1228. La continuità con la quale il Visconti ascese al massimo ufficio comunale attesta la facoltà di mantenersi ai vertici della dirigenza cittadina per un intero quindicennio.
Del resto, sebbene non vi siano prove certe che dimostrino una perdurante capacità di U. di indirizzare la designazione di quegli ufficiali che furono più volte chiamati a succedergli negli intervalli tra le sue podesterie, il Davidsohn attribuisce comunque al Visconti il ruolo di «capo e anima della sua città», assicurando che egli «ora fungeva da podestà, ora faceva eleggere consoli, oppure governava insieme con loro» (Storia di Firenze, II, p. 74).
Allorché nel marzo 1215, dopo la parentesi rappresentata dall’istituzione di quattro rectores e poi di due consoli, si decise di ripristinare il podestariato, la scelta cadde su U. che secondo una cronaca volgare tardoduecentesca sarebbe stato chiamato a grido per li Pisani. L’indicazione, cui è possibile affiancarne altre di poco successive, adombra forse un possibile appoggio offerto da quelle componenti sociali di più recente tradizione che, solo nel corso degli anni di podestariato del Visconti, avrebbero progressivamente ampliato i propri spazi di partecipazione politica pur non approdando ancora ad alcuna strutturazione organizzata e giuridicamente riconoscibile. Qualunque sia stato il contributo di un precoce movimento popolare, l’assunzione di U. alla podesteria fu comunque il frutto dell’affermazione collettiva del suo gruppo familiare come attestato dalla presenza di suoi consanguinei nelle più alte magistrature comunali ed in occasione dei principali accordi intercittadini. Del resto la posizione raggiunta da U. dipendeva in egual misura dall’autorevolezza di cui la famiglia disponeva in conseguenza della sua reiterata permanenza ai vertici della società cittadina e dalle considerevoli risorse economiche ed umane che essa poteva mobilitare nei suoi vasti possedimenti del Valdarno e della Valdera. Diversamente non sembra che le terre sarde abbiano concorso in alcun modo all’ascesa di U.; entro un rapporto di causalità esattamente opposto appare al contrario evidente che il Visconti abbia sfruttato la sua preminenza politica su Pisa per ampliare i possedimenti familiari nell’isola ricorrendo a quelle forze comunali del cui impiego egli poteva disporre.
Rimasto alla guida della città tirrenica per un triennio consecutivo, U. sarebbe tornato a ricoprire la carica podestarile ancora una volta nel 1223, nonostante contro di lui si indirizzasse l’ostilità di Onorio III dal quale era stato scomunicato per aver occupato col fratello Lamberto il castello di Castro, presso Cagliari. Le modalità di questa seconda designazione appaiono alquanto peculiari: sconfitta Pisa presso Castelbosco, il diritto di designare il nuovo podestà cittadino fu riconosciuto dal papa al vescovo Vitale. Questi, a sua volta, designò un gruppo di electores che si pronunciarono in favore di U. pur affiancandolo, in un insolito collegio di tre potestates, a Ildibrandino di Ugo de’ Gualandi e Guelfo di Ermanno dei Porcari. La scelta, oltre a dimostrare un’insospettabile autonomia del presule cittadino e dei suoi delegati, attesta la capacità di U. di rappresentare agli occhi dei suoi concittadini i più profondi interessi del Comune pisano.
Dopo una breve pausa tra la fine del 1224 e la fine del 1225, quando la carica podestarile tornò ad essere assegnata ad un solo magistrato (un milanese prima, un parmense poi), U. venne nuovamente richiamato al massimo ufficio nel novembre 1226 rimanendo in carica per la terza ed ultima volta fino ai primi mesi del 1229.
Appare alquanto difficile delineare gli assetti del Comune pisano nei primi quattro decenni del XIII secolo. Tutte le scelte istituzionali risultano infatti connotate da un alto grado di sperimentalità e le soluzioni di volta in volta adottate palesano una continua mutevolezza delle architetture politiche.
Se è nondimeno affermabile che il massimo ufficiale cittadino (fosse egli un podestà, un console o diversamente un collegio di rectores) venisse allora affiancato da un Senato ristretto e da un Consiglio generale reclutato su base topografica, il primato di U. non comportò tanto la capillare attribuzione a membri della famiglia di specifiche magistrature comunali (tra le quali comunque andarono a consanguinei del Visconti i due seggi dei Consoli del Mare) quanto piuttosto il ricorso al sostegno dell’intera consorteria in occasione delle più delicate scelte politiche. Così ad esempio allorché nell’aprile 1215 il Comune ottenne la sottomissione del vescovo di Massa signore temporale di quella città, ben ventisei risultarono essere i membri di casa Visconti partecipanti all’atto in qualità di testimoni e garanti, quasi a sottolineare l’indispensabilità, per l’intera città, dell’approvazione consortile.
Nel 1213 U. era stato podestà di Siena.
La famiglia Visconti controllava la chiesa cittadina di S. Filippo detta appunto Vicecomitum. Era stato in precedenza rettore di questo istituto quel Bandino (o Ildibrandino) che, sul finire del 1216, durante la prima podesteria di U. ed in evidente conseguenza della capacità familiare di condizionare la nomina delle alte cariche religiose, ascese alla cattedra cittadina.
La fine del primo triennio podestarile di U. deve mettersi in relazione alla stato di conflittualità tra Pisa e Genova, motivato dalle contrapposte aspirazioni egemoniche sulla Sardegna, e dal sostegno offerto alla città ligure dal pontefice Onorio III. E’ infatti possibile congetturare che U. abbia abbandonato la carica in stretta successione cronologica all’ingiunzione pontificia, proferita in Laterano agli inizi del dicembre 1217, di abbondare i territori occupati sull’isola.
Al perdurante attrito con il pontefice conseguenza della politica sarda e del conflitto con la vicina Lucca deve forse addebitarsi anche il definitivo abbandono della carica podestarile nel corso del 1229. Trasferitosi in quegli ampi territori sardi che, liberi da una diretta dipendenza verso Pisa, costituivano per la famiglia una compagine regnicola, U. dettò le sue ultime volontà il 28 gennaio 1231. In quel giorno dal palatio regni Kalliari il Visconti designò come tutore e mundualdo dei suoi figli in toto regno Kallaritano lo stesso Comune di Pisa ricongiungendo strettamente, così come era avvenuto negli anni delle sue podesterie, gli interessi famigliari in Sardegna con quelli dell’intera città.
In assenza di registri cancellereschi -le cui serie si avviano solo a partire dal 1297-, la ricostruzione delle vicende politiche pisane degli inizi del secolo XIII può attuarsi da un lato grazie all’analisi dei ricchi fondi diplomatici del locale Archivio di Stato dall’altro grazie allo studio della cronachistica, in seno alla quale la cosiddetta Cronaca roncioniana, edita nel 1957 dal Cristiani, risulta degna di particolare menzione per la vicenda di U.
Fonti: E. Cristiani, Gli avvenimenti Pisani del periodo ugoliniano in una cronica inedita, «Bollettino Storico Pisano», XXVI-XXVII (1957-58), pp. 3-104; Fragmenta historiae pisanae, in RIS, a cura di L. A. Muratori, XXIV, Bologna 1983, coll. 643-667.
Studi: A. Boscolo, Sardegna Pisa e Genova nel Medioevo, prefazione di Geo Pistarino, Genova Istituto di Paleografia e Storia medievale, 1978; E. Cristiani, Gli avvenimenti Pisani del periodo ugoliniano in una cronica inedita, «Bollettino Storico Pisano», XXVI-XXVII (1957-58), pp. 3-104; E. Cristiani, Nobiltà e Popolo nel Comune di Pisa. Dalle origini del podestariato alla signoria dei Donoratico, Napoli, Istituto italiano per gli studi storici, 1962; R. Davidsohn, Storia di Firenze, Sansoni, Firenze, 1956, II, p. 47 e seg., 74 e seg., 80, 85, 131 e seg., 216, 219, 223 e seg., 227, 322-327; III, p. 147; A. Poloni, Trasformazioni della società e mutamenti delle forme politiche in un Comune italiano: il Popolo a Pisa (1220-1330), Edizioni ETS, Pisa 2004; S. Petrucci, Re in Sardegna a Pisa cittadini. Ricerche sui “domini Sardinee” pisani, Cappelli editore, Bologna 1988; R. Piattoli, Visconti (sub voce), in Enciclopedia Dantesca, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, 1976, V, pp. 1064-1065; M.C. Pratesi, I Visconti, in Pisa nei secoli XI e XII: formazione e caratteri di una classe di governo, Pisa, Pacini 1979, pp. 1-61; M. Ronzani, Le tre famiglie dei Visconti nella Pisa dei secoli XI-XIII. Origini e genealogie alla luce di un documento del 1245 relativo al patronato del monastero di San Zeno, in Un filo rosso. Studi antichi e nuove ricerche sulle orme di Gabriella Rossetti, Pisa, Ets, 2007, pp 45-70; M. Ronzani, Pisa nell’età di Federico II, in Politica e cultura nell’Italia di Federico II, a cura di S. Gensini, Pacini, Pisa 1986, pp. 125-193; M. Ronzani, Pisa e la Toscana, in Federico II, a cura di P. Toubert e A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, III, pp. 65-84; G. Volpe, Studi sulle istituzioni comunali a Pisa. Città e contado, consoli e podestà. Secoli XII-XIII, nuova ed. con introduzione di C. Violante, Firenze, Sansoni, 1970 [Pisa 1902].